Per sapere se la guerra a morte giurata contro la capra in quest’epoca di pace universale sia o meno ragionevole, non sarà fuor di luogo un poco di statistica su questo animale. Chi sa che alla fine non si venga a dar ragione a Domineddio che lo creò? Statistiche e studi sopra altri animali, non esclusi gli asini, se ne fecero, e so di averne anche letto, ma riguardo alla capra non mi ricordo di averne trovato affatto. Per questo a mio uso e consumo volli tentare quest’esperimento che ora faccio pubblico per divertire un po’ i lettori della Voce in carnovale.

Premetto anzi tutto, per assicurare il lettore sulla verità del sotto esposto ch’io, per disgrazia, o dirò meglio per fortuna, vivo ed abito in mezzo a povera gente, di quella povera gente che trova quasi l’unica risorsa nella capra; che frequentemente mi tocca entrare in tutti i covi e nere catapecchie ove essa sta intanata, e conosco perciò abbastanza bene ogni dato statistico del dare ed avere. In una di queste sere per far carnovale anch’io volli entrare in una stalla delle più vicine per i miei scopi scientifici. Per chi nol sapesse la stalla di questa povera gente, oltre a ricettacolo delle sue povere bestie, serve e di laboratorio comune di giorno e di notte durante i freddi invernali, e di sala per la conversazione, e di gabinetto di lettura, ecc.

Eccovene una sbiadita descrizione: Siamo in un avvolto a piano terra, o per dir meglio sottoterra, alto appena nella maggior altezza, due metri, con un vuoto regolarmente cubato di 30 metri. Una piccola finestra senza vetri ma con carta oliata sopra l’uscio d’entrata vi dà durante il giorno una luce scarsa ma sufficiente per vedere gli oggetti in essa contenuti e distinguere le numerose ragnatele che suppliscono ai cortinaggi d’altre sale; alla sera poi questo luogo delizioso è illuminato da un piccolo lucignolo a petrolio che dà trista luce, un odore nauseante e fa un fumo di ca’ del diavolo. – Intorno al lume voi vedete alcune sedie e due panche che attendono sette od otto individui per il filò. – Ne prendo una anch’io e m’assido con tutta confidenza. Alla parete di fronte a me vedo attaccate ad una mangiatoia due capre e tre pecore che vanno a finire un po’ di fieno e foglie secche ultimo residuo della loro razione giornaliera. In un cantuccio a destra sta preparato il cibo per il domani; a sinistra un cumulo di letame e sopra esso appollajate cinque o sei galline coll’indispensabile gallo… Ma basta… Ecco ch’entrano i miei amici… che faccie da via crucis! volti anneriti, pelle raggrinzata, mani luride e callose, e ciò per gli uomini; delle donne non dico nulla, perché il figurino di Parigi non m’aiuta a descriverle. – Sotto sì brutto involucro corporale batte un cuore affettuoso, sensibile, buono; essi mi salutano cordialmente ed io rispondo col favorire a tutti una piccicata di tabacco, che annusano voluttuosamente.

Il chiacchierio del filò è subito avviato più brillante del solito a cagione della mia presenza.
Ma io che ci ho il mio perché a non fermarmi troppo in quel bugigattolo, comincio subito il mio tema prediletto e faccio questa domanda secca secca a colui che mi sembra il più intelligente dei miei amici: Ditemi, caro voi, queste due vostre capre, che avete qui, alla fin de’ conti portano più danno o vantaggio?…

A questa domanda l’individuo interrogato si tura le orecchie con ambo le mani come avessi detto una bestemmia.
– Sì, sì rispondete senza paura alla mia domanda; anzi perché non vi spaventiate vi dirò anche il motivo della mia interrogazione. Già sapete che adesso non vogliono più saperne di capre o al più le vogliono ridurre ad un numero assai scarso.
– Pur troppo è vero!
– Ebbene io sarei curioso sapere se è giusta o no questa misura.
– La è ingiusta.
– Piano, caro mio, se il danno che porta la capra è maggiore del vantaggio allora è ottima cosa il liberarsene; se invece è maggior il vantaggio del danno, allora si fa male a far guerra alla capra. Non vi pare?
– Eh, signor sì, parla bene.
– Dunque ditemi è di vantaggio o di danno la capra?
Eh, signore, la è molto di vantaggio, mi meraviglio che lui, che ha studiato, dubiti di questa cosa.
Si fa presto a dirlo, carissimo, ma sapreste provarmelo questo vantaggio?
Subito come la mi comanda, ma la mi scuserà se non saprò spiegarmi bene come fanno loro signori.
Via che qui non è il luogo da complimenti. Sentiamo dunque.
Ecco qui: queste mie due care compagne presto mi daranno almeno due capretti, dico almeno, perché quella là a mano diritta per solito ne fa due essa sola. Dunque due capretti all’anno, e a mettergli poco si vendono per fiorini 5. Dopo abbiamo il latte dall’aprile a tutto ottobre che in monte è poco calcolato una mossa al giorno per capra, perciò esse mi danno 16 soldi di latte al dì ed in 7 mesi saranno… f. 33.60. Vede dunque che bella cifra?
C’è altro di vantaggio?
La grassa.
Va benissimo, è anzi un concime eccellente, quanto vale esso?
Almeno almeno f. 4 a pagarlo da ladro. Ebbene quattro fiorini di letame; ora ci sono altri vantaggi?
Ci sarebbe da calcolare il bene che ci fanno l’inverno col riscaldarci questo povero sito; per noi è molto, ma per loro sembrerà cosa da ridere.
Dunque f. 5 di capretti, più 33,60 di latte e 4 di concime abbiamo l’entrata totale delle due vostre capre di f. 42,60 dico quarantadue e sessanta soldi
– Va bene? Adesso veniamo all’uscita. Ditemi quanto spendete a mantenerle nella stalla?
Vede là quella po’ di roba? È la razione giornaliera, saranno un circa 5 chili ..
No, no, non voglio saperne di circa, mi bisogna sapere il peso giusto…
Allora aspetti che prendo la bilancia… Guardi, signore, che è alla vecchia, e segna libbre piccole.
Non importa, vediamo… li… libbre 16 e detratta la tara del grembiale che contiene il cibo resteranno libbre 15 e precisamente chili 5.
– Benissimo.
Ora ditemi il prezzo di questa roba?
A pagarla bene la metto 2 soldi il chilo.
Dunque 10 soldi al giorno consumano per il mangiare le vostre capre ed in 5 mesi che sono 150 giorni arriveremo alla cifra di fiorini 15 quindici. Oh adesso viene il bello, anzi il brutto. Questo tanto di soldi 10 al giorno lo consumeranno certamente anche negli altri sette mesi che vanno al pascolo, anzi molto di più, perché se quì in stalla devono mangiare fieno triste, paglia e foglie secche là su per i monti mangiano e distruggono piante preziose che Dio sa quanto costeranno!

Piano. signore, che sbaglia i conti di grosso. Si spende di più a mantenere la capra in stalla che al pascolo. Senta. Ammetto anche, ma gli ripeto che non è vero, ammetto che al pascolo le mie due capre diano il danno di 10 soldi al giorno e perciò in 7 mesi…. f. 21, vi aggiungo anche la spesa del capraio di f. 1, avremo quindi compresi i f. 15 di sopra, un’uscita di f.ni 37, e diffalcata dall’entrata di f. 42.60 mi resta un vantaggio netto di f.ni 5.60. Ma non è vero che diano questo danno, neppure per sogno, perché veda: se il pastore conducesse le capre dove il bosco è tagliato di fresco, so anch’io che il danno sarebbe grande, ma egli le conduce nei boschi già adulti ed in luoghi da atto di contrizione perfetta. Se vedesse!… E poi, noti che le piante ne’ nostri boschi ove vanno a pascolare le nostre capre per lo più sono di faggio, e la capra ne fa pochissimo uso, ricerca invece quelle piante che non hanno tanta vita rigogliosa come p. e. l’avellano, il frassino ecc. Se le mie due capre portassero un danno di f. 21 ne verrebbe che le 200 capre di questo comune porterebbero un danno di 2100, duemila e cento! Possibile? Non vale tanto neppure tutto il territorio dove vanno a pascolare le capre. Vede dunque che è esageratissimo che le mie due capre dieno un danno di 21 fiorini, non ne danno neppure la metà, neppure un quarto.
Oh questo è troppo poco, non bisogna solo dirlo, bisogna provarlo.
E sono quì pronto, m’ascolti. Tutti i boschi del nostro comune sono divisi in tante parti e dati famiglia per famiglia in affittanza per venti anni. Il comune percepisce da tutti poco su poco giù f.ni 300 annui. Di questi più della metà sono in bando dalle capre, e quì non danno malori al certo; resta adunque l’altra metà. Questa data in affittanza frutta f. 150. Ora ammesso che anche da questa venissero bandite le capre, il comune dovrebbe venire a percepire in più d’affittanza tutto il danno fatto dalle capre cioè f. 2100 all’anno.
Non vede che è uno sproposito? Ma, caro mio, le capre mangiano il capitale, cioè il bosco che deve fruttare. – Che capitale? I capitali li mangiano i… – Zitto non dite voi gli spropositi. Il capitale resta sempre perché ogni anno il bosco resta e diverrebbe folto se non ci fossero le capre dalle due gambe.
Non andiamo fuori del carreggiato, buon’uomo, vedo anch’io che il capitale non lo mangiano, distruggeranno almeno l’interesse non è vero?
Sia pure; allora il comune del bosco bandito a farlo fruttare il 6 0/0, che è il doppio della realtà, dovrebbe percepire f. 126. Va bene così? Mi pare. Allora il comune coll’abolire le capre guadagna f. 126, e col tenerle, sa Ella che cosa guadagnano i poveri? Ammessi anche tutti i conti fatti da lui che sono esagerati nell’uscita, le mie due capre darebbero netti f. 5.60, dunque le 200 del comune frutterebbero f. 560. Ora per portare un vantaggio alla cassa comunale e perciò in favore dei benestanti di f. 126, vorranno rubare f. 560 alla povera gente? Le pare che sia questa economia domestica, forestale od altro? La mi pare un lavorare senza testa, scusi sa, se mi scaldo.
Piano, buon’uomo, non capisco proprio bene i vostri conti. Facciamo così: Quì dunque in paese dite di avere duecento capre. Stando ai conti fatti di sopra, 200 capre danno un introito annuo di f.4260 che confrontato con l’uscita ed i danni di f.3700 – Ma è troppo, signore, è troppo. – Lasciate, resta un reddito netto di f. 560 annui. Ora se il comune o chi contro esso bandisce le capre dal bosco, dovrebbe dallo stesso bosco percepire almeno questi 560 f. all’anno. Va bene? Benissimo. Ma questo è possibile? Signor nò, signor no, neppure la metà non ne ricava d’utile. Dunque si fa male ad abolire la capra, e perciò avete tutta la ragione voi altri poveri a sostenerla.
Oh così mi piace, che anche lui finalmente è dalla nostra, vedo che lui intende la ragione ed è vero amico della povera gente.
Grazie delle vostre lodi, prendetene tutti un altra piccicata; vi do la buona notte ed arrivederci un’altra volta, se a Dio piace.
Buona notte, Dio lo benedirà. Sia lodato Gesù Cristo – Sempre sia lodato.


Soggetto produttore:La Voce Cattolica”, n. 20
Data:19/02/1884
Pseudonimo:R.
Descrizione:Articolo in cui don Guetti riporta un dialogo serale avuto nella stalla con i suoi contadini riguardante l’importanza economica della capra.