Santa Croce 28 novembre.
Mercoledì 26 corr. le campane della parocchiale con mesta onda di suono alle 7 di mattina davano l’annunzio di una S. Messa cantata e straordinaria all’altare della Croce miracolosa. Un accorrere frettoloso di molta gente sotto i sbuffi sfacciati di un venticello nordico che faceva abbassare il termometro a meno 5°, mi faceva venire la voglia di essere pur io del bel numero degli accorsi, ma questa volta il vostro reporter si deve contentare di seccare gli assidui della “Voce” con cose semplicemente riferite ma vere sempre come il sole che brilla da quest’orizzonte sempre caro e sempre bello! Quale dunque la causa di si straordinaria funzione? L’America! Cioè 60 emigranti e tutti della Parocchia Bleggina già accostatisi prima ai SS. Sacramenti della Confessione e Comunione, facevano cantare solenne una S. Messa in onore della Croce benedetta per aver prospero il viaggio e fortunato il lavoro nella Repubblica della Plata, ed assieme ai loro cari che abbandonavano correvano alla Chiesa per assistere all’impietoso Sacrificio ed averne poscia la benedizione del loro amato padre e pastore. Quest’ampia Chiesa era quasi stipata come ai giorni di festa, ma l’aspetto dei devoti non era niente affatto festante. I cantori con debili flebili voci accompagnavano il trio liturgico, mentre il Paroco locale con visibile commozione immolava l’Ostia d’amore. Finita la S. Messa e data la benedizione tutti s’aspettavano due parole d’addio, ma la piena degli affetti era troppa pel cuore del pastore sicché muto e frettoloso il celebrante si ritirava in sacristia senza aprir labbro. Eppure questa predica silenziosa fece inumidire più d’un ciglio e tutti ritornarono alle loro case mesti e commossi. Questa volta tra gli emigranti notasi qualuno che non è semplice servo della gleba ma invece tale che è l’anima della società e del Comune; e da qui la straordinaria e comune mestizia. – Domani ad ore 6 mattutine i nostri emigranti col piroscafo “Marco”, lascieranno le sponde trentine del nostro Benaco e la cima del Misone manderà loro gli estremi addii ed auguri dei loro cari abbandonati in questa valle bella quando è bella ma ora disgraziata! Il 1° dicembre poi abbandoneranno sul vapore “Margarita” le spiaggie d’Italia, e sull’onde fortunose del mare in 20 giorni saranno tragittati alla seconda patria la Repubblica Argentina.
Maria, stella del mare, gli accompagni e li protegga sull’onde e sulla terra, e la Croce miracolosa serbi viva ne’ loro cuori la fede avita affinché in pochi anni ritornino a noi buoni cristiani ancora e con buon peculio da far scomparire i debiti di nuova e vecchia data.
– Fin qui, grazie a Dio, le notizie che abbiamo dei numerosi emigranti a quella Repubblica anche in punto a religione non sono affatto cattive. Purtroppo colà non hanno la comodità di udire la S. Messa e ricevere i SS. Sacramenti, ed ascoltare la parola di Dio come quì, pure il loro cuore si mostra sempre religioso e pieno di fede dacché non una sola lettera arriva da quelle remote contrade ove non si raccomandi di pregar per loro, di udire e di far celebrare qualche S. Messa; cose che consolano; mentre questo non si faceva quando questi stessi emigravano ai lavori maledetti delle strade ferrate quì in Europa. Era sotto questo aspetto che il corrispondente della “Voce” nelle appendici sulla Repubblica Argentina potea scrivere che perfino dal lato religioso non era da condannarsi l’emigrazione in quella provincia, e nessuno tra i curatori d’anime ch’ebbero a piangere sulla corruzione de’ costumi importataci dai lavoratori alle strade ferrate, ebbe da contraddire in allora a quello scritto. – Solo giorni fa, Don Sartori, di nostra vecchia conoscenza, fece pubblicare su la “Voce” quelle parole di condanna pei vantaggi morali dell’emigrazione in America. In tutta risposta mi permetterei di osservare che se il nostro missionario fosse ora quì da noi semplice curato con a spalle una dozzina di quelli dalle braguccie la penserebbe nè più nè meno come il corrispondente della “Voce” in illis temporibus; se poscia volesse interrogare i parochi della nostra Pentapoli sul numero di coloro che non fanno la Pasqua, sarei quasi tentato di asserire che il cattolicismo in America fa più progressi che da noi. Ma basta perché se no il vostro Pindaro non trova più posto alle sue volate – Addio.
R.
Il nostro corrispondente ha troppa ragione, quando deplora di preferenza la corruzione venutaci dai lavori delle ferrate, troppo enorme in confronto della americana, lo confessiamo anche per nostra esperienza. Ci piace però, per mettere la verità sempre a suo posto, aggiungere che anche Don Sartori ammetteva che si conservano buoni gli uomini attempati ed i giovani uniti alle loro famiglie.
Soggetto produttore: | “La Voce Cattolica”, n. 139 |
Data: | 02/12/1884 |
Pseudonimo: | R. |
Descrizione: | Articolo relativo alla partenza di emigranti giudicariesi del Bleggio verso la Repubblica Argentina e allo stato e condizione dell'emigrazione verso la Repubblica Argentina. |