Giudicarie, 14 Luglio. Infelici e disgraziati! Se ne stavano pacifici e contenti, vagando dalla capponaja al cortile; se la spollajavano ancora di quando in quando sotto la vecchia ficaja, senza nessun pensiero al mondo, che lor capitasse del malanno. Nissuna meraviglia; eran polli!
Ma un brutto dì la vecchia Agnese, sebbene a malincuore, abbocconandoli colla polenta, rimastale dal magro pranzo, li chiama in fretta attorno a sè, ne piglia i migliori, e fatto un mazzo di piedi gallinacei, gli affida al giovine fidanzato pel regalo all’azzeccagarbugli. Ognun sa come la mano convulsiva del giovane filatoriano conciasse per benino lungo la non breve strada, e come, quasi ciò fosse poco, quelle stesse bestioline, col capo penzoloni, aumentassero il malanno col beccarsi e logorarsi a vicenda. Il torre dalle mani di quello strano viaggiatore que’ polli disgraziati, il rappacificarli tra loro, il restituirli alla primiera libertà, al loro cortile, al noto pollajo, non sarebbe stata opra più che umanitaria? Se invece qualcuno, di apparenza qualsiasi, ma in realtà malignamente avesse aumentata la dose di quelle dolorose peripezie, o stirando il filo che gli allacciava, o attizzando tra loro più viva la bega, quale opra avrebbe commesso e qual titolo si meriterebbe?
Scusino i lettori se vengo all’applicazione, del resto non necessaria. Noi poveri Trentini, dopo aver vissuto anni annorum sotto la paterna cura de’ nostri Vescovi e Principi, passammo a far parte del grande mosaico austriaco, divenuto più tardi austro-ungarico. Fin qui meno male; è la solita storia sublunare. Il male si fu che ci affidarono ad un vicino innamorato, legati così strettamente, che a suo talento poté un po’ alla volta spennacchiarci tanto da ridurci proprio in malo arnese. Era facile il prevedere la triste nostra fine, perché ultimamente si voleva stringerci sì il gorgozzule da non poter più usare la nostra lingua. Fatalità poi peggiore era che da noi stessi continuamente andavamo bisticciandoci con lotte continue, esagerando pur troppo i torti e le colpe da una parte e dall’altra, e si finiva precisamente a conseguir più presto quel fine che si era prefisso il comune nostro oppressore. Era proprio questa una vita da non vivere. La Provvidenza però venne ancora a tempo; e contro ogni speranza, e donde meno s’aspettava ci venne il raggio di miglior avvenire. Capimmo finalmente ch’era tempo di lasciare le reciproche nostre recriminazioni, di tollerarci a vicenda, anzi di unirci tutti, stretti ad un patto, e così tentare un estremo colpo per allontanare almeno il groppo fatale che ci strozzava. A questo eravamo ora giunti. Chi iniziò opera sì bella non meritava forse la gratitudine della patria? Ma ahi! che sul più bello della via, un uomo inimico ci tendeva l’insidie, e, sotto pretesto di richiamar de’ traviati, con voce che sapea di casalingo, tenta sviarci dall’intrapreso cammino. Ma l’aire salutare continua e la predica incantatrice si fa ai sordi. La missione però continua ancora e cambia batteria; si grida ora agli ingannatori, agli scomunicati; giacché è tale chi perdette il bel titolo di cattolico o per il quale si fa voti che tale ridivenga. Si darà ascolto a questo tribunale di nuovo genere, il quale pretende non essere meramente privato come il nostro? Forse potrà ciò accadere; siamo ancora al tempo de’ consigli; ma quale sarà poi il nome che si merita colui che venne a spargere la zizzania nel campo nostro già ben messo per fiorente messe? Io, che non vanto la privativa della carità cristiana, non oso pronunciarlo; lo indovinino i cari lettori, i quali tutti si mantengano cattolici col Papa fino alla morte, quale sarà, coll’ajuto di Dio, anche il vostro
Renzo.
Soggetto produttore: | “La Voce Cattolica”, n. 81 |
Data: | 17/07/1886 |
Pseudonimo: | Renzo |
Descrizione: | Articolo di argomento politico che rivendica un’ autonomia amministrativa per il Trentino e contro i liberali. Interessante il riferimento alla “solita storia sublunare” che collega questo articolo ad altri in cui don Guetti usa lo pseudonimo Areonauta e propone delle “storie sublunari” per polemizzare su alcune questioni (ad esempio V.C. del 22 marzo 1887). |