Oggi siamo in grado di portare due corrispondenze circa l’affare della Fillossera nel Banale: una dal luogo stesso del fatto, l’altra da luogo prossimo alla sede del Consorzio: ambedue relativamente competenti, ma non egualmente esplicite; l’una però completa l’altra, sicché, coordinandone i pensieri, si potrebbe avere una storia abbastanza completa di tutta questa grave faccenda. Insistiamo sulla gravità del caso, perché, come dalla lettura di queste corrispondenze ognuno potrà convincersi, le nostre prime apprezziazioni non erano punto esagerate; e se anche lo fossero state, siamo convinti che con un benevolo ottimismo non si gioverebbe punto al bene del paese. Preghiamo poi i nostri egregi corrispondenti di non addarsene, se, per maggior intelligenza, per giustificazione nostra e per rilevare certi lati della questione, ci siamo permesso di intercalare nel testo fra parentesi qualche notarella.

            X Ci scrivono dunque da S. Lorenzo 14 corr:

            Sig. Redattore,

            Per soddisfare alla legittima curiosità dei benevoli lettori della Voce, e scosso dall’amorevole rimprovero di sabato scorso ai silenziosi corrispondenti Giudicariesi, m’accingo senz’altro a narrare il fatto nella sua semplicità.

            Alcuni segantini, miei compaesani, ritornati ai patri lari nelle feste pasquali (dunque ai primi d’aprile. R.) dal Piemonte, e precisamente da Vignano, piccola terra fra Iutra e Pallanza, sul lago Maggiore, portarono seco circa un centinaio fra talee e barbatelle di viti Americane, e le trapiantarono qua e là in alcuni fondi di loro proprietà, inuzzoliti dallo stragrande prodotto attribuito a tale vitigno, e credo con ragione, dai Pallanzesi. Parte dell’amato fardello non sfuggì all’occhio vigile dei doganieri di Riva, e, dopo una perquisizione generale e la voluta intimazione delle disposizioni superiori sulla vietata introduzione di viti nel territorio austriaco, trovò onorevole sepoltura nel lago di Garda; una parte invece ebbe la ventura di cadere sott’occhio d’un più generoso cultore di Baco, (stando sempre alle disposizioni dei segantini) e poté arrivare fino a San Lorenzo. (NB: vi arrivò dunque colla certezza di far cosa contraria alla legge! R.) Non poté sfuggire però alle indagini dell’i. r. Autorità la quale, subodorato (Subodorato! A noi ci pare che le vigili i. r. guardie doganali di Riva avrebbero dovuto – forse lo avran fatto, ma il corrisp. non lo lascia supporre – redigere formale protocollo e comunicarlo poi al rispettivo capitanato e alle altre autorità competenti, le quali si sarebbero messe subito in avviso e si avrebbe potuto prevenire tanta jattura. R.) che le viti in questione erano provenienti da luoghi infetti dalla fillossera, spediva (quando? R.) un’apposita Commissione, composta dei sig. Osv. Orsi, doc. nell’ Istit. Agrario di S. Michele, nob. de Angeli da Stenico e Speranza di Bleggio, onde fare i dovuti rilievi e passare quindi al sequestro, non già perché fillosserate, ma pel grande pericolo di qualche importuna visita in seguito, essendo stata accertata la comparsa della fillossera precisamente nel luogo ove furon prese. (E poi si osa qualificare i nostri timori quasi fossero avventati, inverosimili! R.)

            Difatti nei giorni 7 ed 8 corr. venne un’altra Commissione con alla testa il sig. Capitano Distr. di Tione, e si passò senz’altro all’abbruciamento delle viti dopo averle bene impetroliate, ed alla disinfezione del terreno, ove erano state collocate, mediante il solfuro di carbonio.

            Credo però che l’i. r. Autorità abbia usato tutta la possibile indulgenza verso i possessori, inquantochè tutta la loro colpa stava nel fatto materiale dell’importazione, senza comprendere le dannose conseguenze del terribile flagello della fillossera qualora fosse scoppiata, e d’altronde non avendo essi neppure una cognizione superficiale di simile malattia. (Via! non c’è da rompersi la testa a scrutinare sotto “il velame delli versi strani” come stanno le cose! R.)

            Con ciò credo d’aver accontentato lei, e tranquillizzato il pubblico; ed un’altra volta, se il tempo non mi farà difetto, e lo crederò opportuno pel pubblico, cercherò di riferire con maggior sollecitudine.

Toni boschicultore.

Soggetto produttore:“La Voce Cattolica”, n. 68
Data:18/06/1887
Pseudonimo:Toni boschicultore
Descrizione:L’articolo illustra con partecipazione la vicenda di una presunta esportazione fraudolenta dal Piemonte nel Banale di viti infette dalla filossera e della presunta disattenzione dei preposti ai controlli sul rischio conseguente. L’articolo viene inserito nella categoria dubbi poiché il giornale riporta due articoli pubblicati nella stessa pagina (le due corrispondenze differiscono tuttavia di due giorni). Il primo con lo pseudonimo “Toni boschicultore” e il secondo con lo pseudonimo plg (pubblicato negli articoli certi). Pur essendo Toni uno pseudonimo guettiano la provenienza da S. Lorenzo in Banale e l’aggiunta di “boschicultore” fanno dubitare molto in merito all’attribuibilità di tale contributo. Anche lo stile tipico guettiano è assente (dialoghi, motti latinii…). Si potrebbe però prendere in considerazione l’ultima frase “se il tempo non mi farà difetto, e lo crederò opportuno pel pubblico, cercherò di riferire con maggior sollecitudine” come un rimando all’articolo successivo e quindi come un indizio a favore dell’attribuzione della paternità dell'articolo a don Lorenzo Guetti.