Banale, 7.
Voi desiderate una piccola relazione sull’odierno possesso di questa parrocchia fatto dal m. r. Don Filippo Degasperi, e se la testa ancora rintronata degli evviva, dalle ovazioni, dagli spari e dalle vivissime emozioni mi reggerà la mano, forse vi potrò contentare almeno in parte, perché del tutto è impossibile. – Proviamoci.
Alla vigilia. Una grossa deputazione di capocomuni, fabbricieri e Clero veniva a levare nella canonica decanale di Lomaso il novello Parroco che lasciava evidentemente commosso le ore lomasiane accompagnato da quel reverendissimo sig. Decano D. Costante Dal Rì, delegato vescovile pel possesso, e dal rev. Don Luigi Baroldi quale attuario assunto.
Al Ponte delle Arche la comitiva s’aumentava d’altri sopravvenuti dal Banale, e ivi il Comune di San Lorenzo salutava per primo il novello pastore offrendogli un rinfresco cordiale e inaspettato all’albergo Malacarne. Passato il noto e storico Ponte delle tre Arche, e messo il piede sul suolo proprio, il novello Parroco mandava un saluto agli amici di Lomaso e di Bleggio e si preparava a novelle affezioni con altri amici vecchi e nuovi di Banale. Asceso il colle fino al principio della borgata di Stenico, eccoci al primo arco trionfale. Un fragorosissimo tuonare di mortaretti ferma i cavalli e le vetture, e la brava banda musicale di Stenico intuona il primo inno festoso, suonato veramente con brio e perfezione. Una ragazzina si avvicina coi voti della popolazione di Stenico, preceduta dal Clero e da tutte le autorità locali con i pompieri in divisa, ed offre un olezzante mazzo di fiori alpini in gran parte formato da fragranti mughetti.
Scene uguali si succedono poi lungo il percorso, a Premione, a Villa, al dosso di Sclemo, al crocicchio d’Andogno, a Tavodo. Il corteo era inondato precisamente da un’ondata di scolaresca, ragazzi e ragazze; ma intendiamoci bene però, a sessi perfettamente divisi. I ragazzi precedevano con orifiamma e bandiere le carrozze, le ragazze le seguivano con i fiori ed altre bandiere. Gli evviva, le grida di gioia, frammiste al continuo del suono delle campane della Parrocchiale e delle figliali, non ebbero fine sino che il novello pastore non si fu ritirato nella spaziosa e vetusta sua canonica.
Il dì della festa. Mentre in altri luoghi della valle cisduroniana il popolo giudicariese si destava a mirare scene strazianti pell’odierna gelata, Banale, salvo dal flagello, si preparava al possesso del suo Parroco. Tutto questo numeroso popolo ad ore 9 si trovava accalcato sulle alture di Tavodo. Il sacro rito dell’investitura avvenne appuntino, e quando, finito questo, il m. rev. Don Filippo Degasperi ascese al pergamo preceduto dal m. rev. delegato vescovile, ed ebbe da Lui la missione di parlare, egli parlò e colla voce commossa da bel principio, ma raffrancandosi di poi, veniva esponendo i doveri del pastore e quelli delle pecorelle, e quella parola era quella di un padre amoroso che parlava ai figli amorosissimi.
Finito il discorso, mentre il clero si preparava alla SS. Messa, una marcia trionfale suonata dall’organo, toccato con maestria dallo studente ginnasiale sig. Zambanini, compiva la gioia di quell’immenso popolo che riempiva il vasto e antico tempio. Vi notai, frammisti alla calca, moltissimi fiavetani, già pecorelle del novello parroco, e che non poteano dimenticarsi di lui se non col partecipare ancora una volta alla sua gioia, al suo trionfo.
La S. Messa solenne. I sacri leviti ascendono l’altare ed il novello Parroco col segno della redenzione principia il divin sacrificio. Le patetiche note dell’organo preludiano alle voci di pietà e di misericordia, che ben presto usciranno dai robusti petti de’ cantori i quali dall’alto della cantoria attendono l’attacco dal capocoro. Non si aspettino i lettori ch’io faccia loro una minuta descrizione dei vari pezzi liturgici quivi cantati, e che classifichi la loro esecuzione giusta l’ideale voluto e vantato dai moderni panegiristi della musica sacra. Ceciliano io pure, amo però un passo alla volta e più che volere quella perfezione impossibile in genere ai cori di remote valli, mi contento semplicemente di una musica di transizione cioè a tenere il buono di una volta ed eliminarne solo il pessimo. L’effetto è sempre buono, come avvenne oggidì. Il coro di Banale, diretto assai bene dal nostro amico D. Giovanni Merli, e sostenuto dall’organo suonato dal sig. Zambanini, ci diede una cosa buona, se non perfetta, almeno ripeto di transizione, e tutti ne restarono contenti, edificati. Faciant mellora potentes.
Finito la S. Messa venne cantato da tutto il popolo festante il Te Deum in gregoriano e così il Tantum ergo e data la benedizione col Venerabile, l’attuario prelesse l’atto d’investitura e il solenne possesso, giusta le norme tassative ecclesiastiche, e così finiva la sacra funzione della mattina.
Al pranzo. Nella nostra sala canonicale, addobbata al naturale con edera verdeggiante, si raccoglievano oltre 30 commensali. Tutte le autorità locali vi presero parte; mancava solo l’autorità politica distrettuale. Il pranzo fu normale e non lasciò nulla a desiderare. Sul finire, e per dar principio alle ovazioni ed ai brindisi, si alzò primo il reverendo don Lorenzo Guetti, curato di Quadra ed ora nominato successore al m. rev. don Filippo Degasperi quale curato di Fiavè, e con voce sensibilmente commossa, a nome del comune di Fiavè, preleggeva e presentava al parroco amico un conchiuso comunale, col quale don Degasperi veniva nominato cittadino onorario del comune di Fiavè. Quest’atto cordiale, gentile e improvvisato, fu accolto con plauso da tutti i commensali e con commozione dall’emerito curato.
Seguirono poscia gli omaggi delle nuove pecorelle. Un’ode dei comuni plaudenti di Banale, un dialogo classicamente manoscritto, recitato da un ragazzo ed una ragazza delle scuole, ed altra poesia latina ed italiana del clero della Pieve di Banale. Sfogato l’affetto delle vecchie e nuove pecorelle, vennero gli auguri e i brindisi degli amici.
Primo di loro fu il revendissimo sig. Decano di Lomaso, il quale, circostanza singolare e da notarsi, fu curato a Degasperi come cooperatore, fu Parroco a lui come curato ed ora è Decano a lui come Parroco. Lodato il franco carattere e l’amor suo verso la gioventù, invitò i commensali ad un triplice evviva. – Non contento di ciò il m. rev. sig. Don Costante Dal Rì, premesse modeste scuse, se Lui vecchio cadente ancora tentò ascendere le erte cime d’Elicona, suo facile ritrovo in anni giovanili, lesse e distribuì un bellissimo acrostico in distici latini che vi aggiungo almeno per far vedere ai moderni anatomici ginnasiali se i loro allievi d’oggi possono dire in sì brevi linee e sì bene quello che san fare ancora gli ultimi supestiti del sistema antico.
A. R. D.
PHILIPPO DEGASPERI
BANALIS PAROCO
PRIDIE JUDUS MAJ MDCCCXCIII
REGIMEN SUAE PAROECIAR CAPESCENTI
A | d populum notum per multis notus ab annis |
R | esclusum nuper jam arripe laetus iter. |
P | astorem Te laetabunda Banalia tellus |
H | occe die optatum gestit accadere habere suum. |
I | nter plaudentes adsunt pueri atque puellae, |
L | ectum agmen procerum, Clerus et ipse sacer. |
I | n primis Villa et Primion, Sclemunque, Seumque |
P | astori acclamant, signaque laetitiae |
P | orrigit Andognum, plaudere nae satagit |
O | rsini locus apricus, pariterque Tavodum. |
D | um Laurentus ovat, Stenica plaudit humus. |
E | xultat merito populus tuus iste Banalis; |
G | randis enim spes de Te ex grege quemque tenet. |
A | ngelus Aeterni populo isti crederis esse: |
S | ancta Evangelii nam ore relata tuo |
P | acis verba et amoris cuncta haec corda revincent, |
E | xpertus cum sis mystica verba dare |
R | espice ephebos, quo semper flagraris amore; |
I | n coelum perfer Te, populumque tuum. |
Curatus Parocus Decurioque tuus p. C. D. |
Secondo prese la parola ancora D. Guetti a nome del Clero di Bleggio e del Consorzio agrario distrettuale, di cui il m. rev. D. Degasperi è vice-presidente; e facendo auguri e voti a loro nome, sicuri della perseveranza nelle lotte incruente ma difficili per Dio e per la Patria, beveva al commilitone franco e leale.
Terzo s’alza l’amico Don Luigi Baroldi ed a nome degli amici benacensi, riempiuti i bicchieri di vino santo d’Arco brinda all’amico schietto e leale e legge il seguente sonetto:
A luoghi noti per antica fede
Ove il Verbo divin parlammo un giorno,
Oggi fidente in Dio tu movi il piede,
Io coll’affetto di fratel ritorno.
Di solerti Pastor novello erede,
A questo popol che ti sta d’intorno
Rechi la pace, onde per l’uom che crede,
Paradiso diventa ogni soggiorno.
In questa valle, dove nacqui anch’io,
Serena è ancor la Fe’, non freme ancora
Di questo secol perfido il desio.
Ama, e riamato in ogni cor vivrai,
E per i figli tuoi benigno implora
La mutua fe’ di non lasciarsi mai.
Altri ancora tra i commensali brindarono replicatamente, e fu gustata assai la finale del brindisi del conte Pio Triangi quando esclamò:
Evviva don Pippo!
La sera, celebratesi i Vespri solenni e stendendosi pian piano lo scuro velo della notte, mentre tutto il popolo non si stancava di acclamare festante al suo già amatissimo Pastore, tra il continuo suono dei sacri bronzi, e lo sparo de’ mortaretti, non mancarono i fuochi di gioia. Dalle alture di Tavodo le girandole, i razzi, le fontane romane, preparate dal noto sig. Marconi, e bruciati con bell’ordine dai fratelli Merli, chiudevano questo giorno, che resterà segnato a parole d’oro nella storia di queste valli, dove piantò la Croce, che ancora con vera fede si venera.
«Il giovine Romano»
X.
Soggetto produttore: | “La Famiglia Cristiana”, n. 53 |
Data: | 08/05/1893 |
Pseudonimo: | X. |
Descrizione: | Con abbondanza di dettagli l’articolo riporta la cronaca della solenne cerimonia di ingresso nel nuovo servizio nel Banale in qualità di parroco di don Filippo Degasperi. L’articolo fu pubblicato, come risulta dal riferimento finale, sul giornale “Il Giovine Romano”. |