Giudicarie, 18.

Sotto questo titolo, piacendo a Dio, di quando in quando verrò segnando ai lettori di codesto giornale quei fattarelli che meritassero una qualche memoria per la storia paesana. Non ho pretese di sorta; sono ventisette anni che faccio lo scribacchino di fogli senza far commuovere nissuno fin quì a regalarmi una penna d’oro, e continuerò senza pretendere altro che di far un pochino di bene al mio paese, esclusa l’intenzione di far del male a chicchesia. Dunque siamo intesi, ed eccomi con voi.

Ante omnia, de Principe. L’altra settimana sullo stradone del Limarò fu preso da malore gravissimo un giovine carrettiere di Ragoli. Fu ricoverato al maso di Limarò ed ivi curato, ma il poveretto dovette perire e ieridì venne condotto alla sepoltura. L’amatissimo nostro principe vescovo che da alcun tempo si trova alla sua villetta di Sarche, saputo del triste caso, fu a Limarò a trovare l’ammalato, e mi si dice ch’egli stesso gli abbia amministrato l’Estrema Unzione. Nel bell’atto di carità era accompagnato dal m. rev.do Don Vigilio Cadonna suo amministratore.

La gragnuolata portataci da settentrione lunedì 15 corr. Ci regalò un abbassamento di temperatura improvviso. Martedì e mercoledì ebbimo due forti brinate da danneggiare i polloni dei gelsi; oggi il tempo è mite, e mentre scrivo piove. Forse quest’acqua sarà un medicamento della burrasca.

Mercoledì 17 corr. alla fiera del primo Termine a Tione si ebbe un concorso di bovini simile a quello di S. Giustina. Fu una cosa veramente insolita; furono numerati oltre i 2000 capi. I prezzi segnano una mitezza poco gradita per lo smercio. I detentori, se non sono costretti da troppe urgenze famigliari, ed in molti casi lo sono pur troppo, amano governare i loro bovini piuttosto che scavezzarli via, frase tutta nostra giudicariese che dinota lo stracciamercato.

Qui da noi la cooperazione fa progressi da gigante, in modo da confermare una cara frase uscita da labbra preziose giorni fa: Le Giudicarie sono la più bella gemma della diocesi trentina. A Iavrè in Rendena nacque una novella Famiglia cooperativa, e s’ebbe già il sussidio dei 200 fiorini; è la settima sorella giudicariese.

A Creto ed a Bersone sono già costituite due nuove Casse rurali, le quali di giorno in giorno comincieranno a fare le loro provvide operazioni seguendo l’esempio delle due altre sorelle più anziane di Quadra e di Fiavé. Dunque abbiamo quì undici società cooperative nelle sole Giudicarie, instituitesi al solo scopo di aiutare questo povero popolo, degno di sorte migliore. Il popolo benedice i promotori di queste benefiche associazioni, e corre ad associarvisi, ma non mancano gli sfruttatori del popolo che le combattono e dicono corna e peggio dei promotori e delle stesse società. E ciò sta bene; è il vero indizio che si lavora diritto e che si toccò la biscia sulla lunga coda.

Dirà il lettore: perché mai in Giudicarie la cooperazione fa progressi così luminosi, mentre in altri luoghi forse appena se ne sente parlare? Lo volete proprio sapere? Eccolo: perché il prete giudicariese non si contenta solo di stare in sacrestia, ma ama uscirne e trovarsi col popolo. In questo contatto il prete vide e trovò un popolo sfruttato e che si raccomandava per pronto aiuto. Il prete accennò al modo di aiutarsi, ed il popolo s’aiutò e si aiuterà ancor più se certe costellazioni a nord vorranno far risplendere sul nostro orizzonte quell’iride sospirata, perché necessaria, dell’autonomia. Noi intanto, clero e popolo, stretti ad un patto, stiamo saldi alla consegna per l’unico modo più proficuo al desiato intento designatoci chiaramente ed energicamente nel discorso di Tione del nostro deputato al consiglio dello Impero, l’onorevole don Salvadori; e se dietro a noi tutto il Trentino venisse compatto come falange serrata, saremmo sicuri del finis infantiae! Ci seguiranno i fratelli? Noi intanto li precediamo fidenti… le gemme devonsi portare in fronte…

Dulcis in fundo. Fra le nuove reclute giudicariesi, portatesi a Riva all’istruzione dei bersaglieri provinciali, ne fu assentata una di quasi nissun comprendonio. La commissione di leva ne fu avvisata, ma il giovIne venne ritenuto veramente abile, e bastò perché si dovesse consegnare ai primi del corr. mese assieme agli altri. Non vi posso dire quai progressi abbia fatto il povero ragazzo nelle esercitazioni e come abbia appreso le esercitazioni in lingua differente da quella colla quale non imparò neppur il catechismo. Ma vi posso dire invece che ieri per tempissimo la recluta, vestita in civile, scappò di caserma e venne a rifugiarsi da sua madre come se fosse una cosa da nulla! I genitori invece si mettono in pronto all’arme per questa fuga di nuovo conio. Ne danno parte al comune ed al curatore d’anime, i quali tosto fanno ritornare il ragazzo al suo posto accompagnatovi dal padre e da un rescritto col quale si prega di compatire la dabbenaggine dell’individuo che è poco meno che scemo. – Il ragazzo pedinava già da due ore per Riva, quando l’i.r. Gendarmeria, avvisatane per telegramma, veniva in paese in cerca del disertore. Si dice da noi, che andando militare o bersagliere si fa giudizio; vedremo se il mestiere è buono anche per portare l’intelligenza a chi non ne ha. – Nel caso ci sarebbe un argomento in più per far passare la legge sui bersaglieri nella prossima Dieta, senza tante condizioni che non si vogliono. – Al caso ve ne dirò l’esito a suo tempo.

Il Cronista

Soggetto produttore:“La Famiglia Cristiana”, n. 121
Data:22/10/1894
Pseudonimo:Il Cronista
Descrizione:Articolo relativo alla morte a Limarò di un carrettiere di Ragoli, a grandinate e gelate, alla fiera di animali del primo Termine di Tione, alla nascita delle casse rurali di Creto e Bersone e della Famiglia Cooperativa di Iavrè, all’impegno dei preti giudicariesi nella cooperazione e alla diserzione di una recluta giudicariese.