Ponte delle Arche, 28 nov.

Ierdì erano qui chiamati dall’i. r. finanza tutti gli esercenti del distretto in numero di 120 per trattare la Convenzione pel dazio consumo carni e vino pel triennio 1896-98. Fra gli invitati v’erano le 5 cooperative, di S. Croce, Bleggio superiore, S. Lorenzo, Lomaso e Fiavè. L’adunanza s’apriva alle 10 ½ nella sala dell’albergo Malacarne, presieduta dal dirigente il distaccamento di finanza in Storo sig. Tecilla.

Nell’ultimo triennio il tasso convenuto per vino e carni era di f. 1888 annui. Nel timore che desso fosse aumentato, questo Consorzio a. d. a nome della grande maggioranza degli esercenti inoltrava un ricorso ragionato per ottenere una diminuzione di canone, ma invece le proposte della finanza furono per un aumento di fior. 212 da formare un complessivo annuo di fior. 2100 giusti.

Il dirigente di finanza annunzia la pretesa e chiede se gli esercenti la accettano o meno. Visto che in maggioranza si è per l’accettazione, perchè altrimenti, dovendo andare a tariffa, molti esercenti dovrebbero chiudere gli esercizi non avendo i locali adatti, don. Lorenzo Guetti quale presidente del Consorzio domanda la lettura del suo ricorso presentato alla direzione di finanza in Trento, e si meraviglia come di fronte al medesimo invece d’una diminuzione si ebbe un aumento.

La lettura vien fatta dal sig. Tecilla, il quale disse che del tutto non si potè prenderlo in considerazione, ed osserva che ebbe d’altre fonti argomenti in aumento causato da questioni passate tra gli esercenti stessi che si aumentarono il tasso da sè; indi a nome della Famiglia cooperativa di Fiavè e consorelle d. Guetti presenta una dichiarazione, colla quale protesta che le cooperative sieno messe nel novero degli esercizii soggetti al dazio consumo vino e carni, e che se oggi sono costrette, per evitare maggiori molestie, di accedere al contratto, con questo fatto esse non vogliono pregiudicare ai loro diritti che si riservano far valere in sede competente. Nasce quì tra i presenti un vivissimo scambio sulla quistione. Gli esercenti non vorrebbero nel loro numero le cooperative, ma le vogliono soggette al dazio di consumo e precisamente al tasso più alto, a tariffa; il dirigente la finanza le riconosce e le vuole riconoscere come esercenti, e come tali aventi diritto di convenirsi al paro di qualsiasi; ed a tale decisione naturalmente si dovette star tutti. Pria di venire alla convenzione si dovette scegliere un mandatario che in pari tempo facesse il cassiere. L’ex mandatario Martini, voluto dagli esercenti, dal 4% del passato triennio, veniva pretendendo il 6% che poscia fu ridotto al 5%; la proposta delle cooperative ed aderenti che volevano il sig. Bonomi col 4% restò in minoranza, e sarebbe stata in minoranza se fosse stato esibito anche un tasso minore; tanta era la malevolenza dei principali esercenti nel vedere là i rappresentanti delle cooperative. La passione è sempre cattiva consigliera anche quando il proprio danno si presenta palese. Ma dinnanzi ai più forti si dovette cedere.

Si venne, pria di firmare il contratto, a fare il riparto delle tre parocchie di Banale, Lomaso, Bleggio, e si ritenne il riparto vecchio più il relativo aumento. Con ciò tutti firmarono solo pel dazio carni. Ora restano da farsi i riparti tra i singoli esercenti delle parocchie, e qui si vedrà la bravura degli interessati. In passato lo scomparto era fatto in genere a beneficio del pesce grosso, e chi ne aveva la peggio erano sempre i piccoli. Più d’uno degli esercenti invece di dover pagare, ne avea un guadagno. Le cooperative, che ora sono chiamate a far parte di questi scomparti, non mancheranno di far nota la cosa ai colleghi, e se anche in questo non vorranno aprire gli occhi, loro danno. Parrebbe che di fronte a pubbliche ed aperte ingiustizie l’autorità finanziaria dovrebbe vigilare e provvedere, ma fin qui non si fece nulla; ella è contenta di pigliare il suo tasso senza fastidi, e lascia che gli altri si scapriccino a loro talento. Se le odiate cooperative porteranno anche qui un pò più di pareggio, lo vedremo, e nel caso ne darò parte ai vostri pazientissimi lettori; e se mai esse pure assieme ad altri restassero vittima della scharfere, anche in questo caso pubblicheremo tutto, chè la pubblicazione resterà almeno per la storia, ed in certe occasioni meminisse juvabit. Intanto rimettiamo alla federazione, che ormai deve essere finalmente costituita, inoltrare ai dicasteri competenti la quistione: se le  nostre Famiglie cooperative, giusta lo statuto che hanno, sono da considerarsi come gli altri esercenti soggette a dazio consumo o se sono esenti. Fino a quì la finanza, che vede col suo occhio, considera le società cooperative come persone giuridiche indipendenti dai soci, e perciò le colpisce col dazio consumo; invece i tribunali civili, tra i quali quello di Rovereto, pare non ammettino società cooperative senza soci ed indipendenti da quelli, per cui sarebbe da ritenere che società cooperative e soci si identificano, ed allora ne avressimo la desiderata conclusione che: i soci godendo il favore dell’esenzione del dazio consumo, lo deve godere anche l’unione degli stessi ossia le società cooperative. È ciò sarebbe giustizia; giacchè altrimenti uno divenendo socio della cooperativa verrebbe a perdere invece di guadagnare. Ma come dico lasciamo alla federazione il suo compito, e noi aspettiamo tranquilli la finale decisione.

Cronista.

Soggetto produttore:“La Famiglia Cristiana”, n. 139
Data:02/12/1895
Pseudonimo:Cronista
Descrizione:Articolo riguardante la riunione degli esercenti delle Giudicarie per trattare riguardo l’imposta del “dazio consumo” sulla vendita del vino e della carne. L’articolo riporta sia l’esito della riunione che le obiezioni di don Guetti al fatto che gli enti cooperativi debbano essere soggetti al dazio consumo in quanto persone giuridiche indipendenti dai soci.