Al Sig. O et C.
Riceviamo e pubblichiamo, sottoponendolo alla considerazione dei signori cui è dedicato, il seguente scritto:
Spettabile redazione – Arrivo post festum. Confinato come sono in un cantuccio del nostro Trentino, prima che le notizie dalla sospirata Capitale del paese arrivino a me, devo fare tre volte la digestione.
Sul campo menerei forse le mani a colpo più pronto; ma a questa condizione, contro ogni mia voglia unicamente il “post festum” può essere la mia divisa. Al vedere le lotte, sollevatesi tra il Popolo Trentino e l’Alto Adige, mi animerebbe davvero al dente; per questo, anche rotolati gli atti, vorrei pregarvi di darmi un posto nelle vostre colonne.
Non aggrottatemi il ciglio! Voi non avete nulla a vedervi. Mi assumo io la terribile tenzone; io che non conturbato da rancidumi, ed ancor meno da ambizioni, sento di poter dare a lume di storia la duplice, e quante conclusionali e contro conclusionali i signori desiderassero.
Il vostro Conservatore Nazionale
Ancora “Avvocati o preti?”
Colla risurrezione dalla morte annunciata, e felicemente non avvenuta, dell’Alto Adige, s’è fatta viva nel Trentino una nuovissima penna, assai pregevole, per arte squisita nello scrivere italianamente e dirò anche per ischiettezza di sensi nazionali. Uomo a fegato tranquillo, e non estranio all’arte, io godeva del signor O, che ci ricantava lo bello stile, ed al pari di me aveva palpiti per il bene del nostro paese. Ma è sorte dei mortali che le gioie durino brevi! Ed ecco che il mio invidiato messere, tutto a una volta imbizzarrisce, ed incomincia a ruttare plebeiamente cantilene, che mille volte abbiamo sentite dai semi-dotti di casa nostra.
Qual diavolo me l’ha toccato, e con tanto mio cordoglio, me l’ha buttato fin sull’orlo dell’immondezzaio? Fu il diavolaccio delle elezioni quel tristo!… ed ora gli fa fare della poesia da dozzina, e gli fa dire degli spropositi che non basterebbe un tricorno a coprirli tutti.
Voltandolo e rivoltandolo, il mio carissimo signor O, con la sua tesi di non voler preti in Parlamento, si mostra uomo semplicemente unilaterale. E questo è uno dei suoi difetti. Un secondo poi, ed esso pure madornale, mi pare di scorgere in ciò, che per quanto io frughi, nella da me supposta arca della sua scienza, sempre più devo persuadermi, che manchi nel suo, d’altronde preziosissimo, cervello, ogni traccia della nuovissima istoria del nostro paese.
Che i preti, come dice lui, sieno un branco di citrulli, potrei negarlo, ma sia pure come a lui piace. Che qualche prete politicante non abbia sempre fatto bene il suo dovere, anche glielo ammetto – con la riserva però, che se egli nomina un prete, io avrei dieci avvocati da contrapporgli. Ma ad intenderci, non dobbiamo andare in Francia, o due secoli addietro. Lasciamo Mazzarino e Richelieu nel deposito della storia, e guardiamo un po’ a casa nostra, signor O, perché le elezioni si fanno qui ed ancora nella settimana. Ella parla dei preti come un innamorato, quando li vede in sull’altare, o sul pergamo, o dentro il confessionale; solamente in Parlamento questi medesimi preti sono per Lei come un osso attraversato giù nel fondo della gola. Lì, a suo bel dire, sono poveri spostati, lì sono disutilacci buoni a nulla… e sputando cattedratici cujussi, viene a conchiudere: il Parlamento è un campo che deve essere riservato agli avvocati.
Deliziosissimo signor O, potrei permettermi una domanda? Mi dica, in grazia: che cosa hanno fatto gli avvocati a Vienna, tosto che poterono manipolare le cose a modo loro? Se non lo sa glielo dirò io con una sola frase: han cacciato Cristo fuori dalla Scuola. Ricordo di aver letto avanti qualche anno, che l’Arcivescovo di Vienna aveva regalati al Municipio due bellissimi Crocifissi, perché si appendessero in due scuole… ma furono tosto ritornati a lui, coll’osservazione che non lo si poteva fare, perché quello non era il loro luogo».
Capisce il signor O? Se gli avvocati di colà fuori bistrattano così il Maestro, non saprei ben ideare quali carezze terrebbero in serbo per i discepoli, quando una volta fosse spazzato il campo davanti a loro. Ella, umanissimo, ammira il prete sul pergamo o sull’altare…, ma chi vuol assicurarci che se lasciamo mano libera agli avvocati, non te lo rimuovano anche di là? Si sentirebbe forse Lei tanta forza in corpo da addossarsi la garanzia che non sarà così? Per carità, non mi faccia il mammalucco, e ricordi che solamente avanti qualche anno, il prete in Germania non poteva predicare, e neppure celebrare la Messa senza il beneplacito del Governo!
Ah se tutti gli avvocati fossero dello stampo e dei convincimenti del signor O, non farebbe certo mestieri di muoversi; ma le cose stanno purtroppo a ben altro partito! Accomodati si sarebbe, se a quelle buone lane di avvocati di colà fuori, non si arrivasse di mettere un contrappeso! Io non dico, che i nostri legali siano di quella brutta tempra e fatale. Tutt’altro! Iniziativa, p. e., lo giuro sulla storia, non ne prenderebbero certamente; ma… scimmiottare, ma gettare il voto nell’urna in cui lo gettano quelli altri, oh questo sì – l’han fatto tante altre volte, e non sarebbe meraviglia, se lo facessero ancora. Non convien dunque lasciarsi andare a sogni idillici. Anche i preti, se possono, devono portarsi sulla barricata, e combattere, non per la casta, come dice ridevolmente lo spiritosissimo signor O, ma pro aris et focis; combattere in Parlamento per poter essere sicuri sul loro altare, e per poter montare sul loro pergamo, senza aver dovuto prima prendere il placet da un avvocato ministro.
E questo sia detto in generale. Per il fatto del nostro paese in particolare, mi pare poi che la questione non possa essere più semplice. – L’esperienza è in tutte le cose la grande maestra, ed il passato, a chi ha fior di senno, dovrebbe essere scuola per l’avvenire. Dal 1848 fino al dì d’oggi, il nostro paese ha perduto assai, e lo dirò schiettamente, ha perduto più di quello che avrebbe dovuto perdere! E chi lo ebbe rappresentato in Parlamento? I preti, che vi andarono, li potete contare sulle dita di una mano; per gli avvocati invece abbisognano le dita di ambedue le mie mani, e di quelle due del carissimo signor O, che piacevolmente stringo, …, ed ancora non arrivo ad ultimare la somma. Loro, insieme a qualche consorte, furono sempre appresso di noi in maggioranza, ed alcune volte, persino padroni assoluti del campo. Ora io sfido il signor O, a dirmi un sol colpo di genio che i nostri avvocati abbiano fatto in Parlamento! So di sicuro, che egli di questi preclari fatti non tiene in serbo; … mentre colla costanza nel tenersi fermi al palo, col tatto nello scegliersi delle alleanze, colla avvedutezza nello sfruttare i momenti, a me mi pare, che avrebbero potuto agguantar delle buone piglie. Invece non ne fu nulla, anzi peggio di nulla. La stragrande superiorità degli avvocati nel rappresentarci in Parlamento, che secondo il signor O, senza fare questione di casta, dovrebbe essere incontestabile, non è niente affatto tale, anzi è provatissimo il suo contrario – mentre per i nostri preti, il fatto resta tuttavia problematico, non avendo essi ancora subito su larga linea la decisiva prova dell’esperienza. Il favoleggiare a priori potrà valere per i figuranti da teatro – ma la gente seria domanda fatti, e noi quelli dei nostri avvocati, pur troppo li teniamo in lunga e dolorosa nota!
Il buon clero vecchio, che manda in sollucheramento il signor O! Sì, egli in buona fede si era dato in mano agli avvocati; ma se dopo averlo veduto rompersi il naso una e dieci volte, quel tristanzuolo di clero giovane abbandona la vecchia bandiera, vorrebbe per questo dolersene il signor O? A me pare progresso, che l’esperienza arrivi ad illuminare le generazioni.
Visto, dunque che gli avvocati, già da lunga stagione hanno sostenuto la loro prova, e per infelicità di evento è riuscita scontentevolissimevolmente; in nome della filosofia empirica, che è il culmine della libertà, prego il signor O, di accordare eziandio ai preti che tentino la loro. Quando ancor essi avranno fatto fiasco, allora cantando in duetto «avvocati e preti tutti citrulli» … ricorreremo ai lanternai.
Ma che frattanto gli elettori non si lascino assonnare ai canti delle dolci sirene. Pensino seriamente agli interessi di religione e di patria, che stanno in giuoco, e per i quali essi sono chiamati ad eleggere i difensori.
I primi, se mai furono gravissimi, lo sono certamente questa volta; nè pare che i liberali, fossero anche dottori in utroque, dovrebbero figurare come i migliori, ed i più naturali loro tutori.
Si tratta di mettere un freno all’anticristianesimo, che minaccia di farsi assoluto dominatore; si tratta di rimettere la Chiesa nei suoi diritti; si tratta di rivendicare ai padri di famiglia l’intangibile diritto, che essi hanno, di essere presi in considerazione nel determinare l’educazione dei loro figli; si tratta di insorgere contro la teoria della prepotenza individuale, che sacrifica la debolezza alla forza, l’onestà all’accorgimento, il lavoro al capitale – teoria che fu già annunciata dagli avvocati liberali al Parlamento, e che i nostri ancora non isconfessarono. Quanto meno conservatori arriveranno al Consiglio dell’Impero, e tanto più presto gli avvocati di colà fuori arriveranno a realizzare i loro propositi!
Pensino ancora seriamente gli elettori, che liberalismo in Austria corrisponde a centralismo e lingua tedesca portata a lingua di Stato. Pensino che colà fuori liberalismo vuol dire prevalenza dell’industria sull’agricoltura, e del monopolio sullo schietto commercio! I conservatori devono per principio combattere tutte queste sciagure – i liberali invece, se vogliono essere coerenti a sé, appoggiarle! E questa a mio avviso sarebbe sciagura di religione e di patria!
Soggetto produttore: | “Il Popolo Trentino”, n. 28 |
Data: | 18910305 |
Pseudonimo: | Conservatore Nazionale |
Descrizione: | L’articolo rappresenta una risposta agli articoli del signor O. all’interno della disputa tra Il popolo Trentino e l’Alto Adige in vista delle elezioni. La polemica ruota intorno all’asserzione che il Parlamento sia luogo per avvocati e non per preti sostenuta dal signor O. |