Nostre corrispondenze

Giudicarie, 10.

(La cooperazione rurale. – Due parole di introduzione). *) – Dopo le opere stanno bene anche le chiacchere. Si vuole che dica alcunchè sul movimento cooperativo rurale di nuovo genere, che di giorno in giorno va dilatandosi in queste valli, allo scopo di estenderlo anche altrove quando fosse riconosciuto veramente utile. Cedo quindi alle istanze, e dopo un silenzio giornalistico abbastanza lungo mi presento ancora ai miei vecchi amici tutto d’un pezzo come un masso granitico. Chiedo scusa se lo stile facile e popolare di Renzo d’altri tempi, non sarà tale al presente sotto i capegli che s’inargentano. Procurerò egualmente d’essere chiaro anche nel labirinto delle rubriche e delle finche dell’azienda cooperativa, come lo era forse anche troppo quando si trattava di capre, di pauperaglia, d’emigrazione. Un accidente provvidenziale mi ha messo per questa via, e non mi rincresce niente affatto della cosa, perchè vedo riuscire a tutto vantaggio di questo nostro popolo sì bisognoso di vero e proprio aiuto.

Due anni fa mi si presentano alcuni miei amici popolani, e mi colpiscono a bruciapelo con questa domanda. – Lei, signor Curato, ci deve fare un piacere. – Ed è? – Quest’inverno siamo stati in Piemonte; abbiamo visto e provato quanto bene fanno colà i magazzini cooperativi; Lei deve aiutarci a metter su qualchecosa di simile anche quì da noi. – Ma che? io adesso dovrò, come prete, fare il negoziante? vi pare che sia cosa manco da pensarci? – Che negoziante? Quì si tratta di aiutare noi contadini a provvederci da noi stessi il necessario alla vita con minor spesa possibile; quì non ci deve essere nissun barlume di negozio come intende Lei, ma una specie di società cooperativa ecc. Quì abbiamo portato alcuni statuti, li esamini, e poi ne metta insieme uno che faccia al nostro caso. Domenica prossima verremo a prendere una risposta, ma la vogliamo affermativa addirittura.

E la prossima domenica, finite le funzioni della sera, gli amici puntualmente furono in canonica, e la cosa fu combinata, se non in tutte le sfumature, almeno nei tocchi principali della grande tela quale dovea poscia divenire.

Confronti di statuti di quà, consigli e pareri di là, fatto sta che dopo due mesi si aveaabboracciato uno statuto qualunque che veniva preletto ai primi futuri soci.

-Benone, benissimo! proprio quello che ci vuole !… – furono le risposte degli amici alla sua lettura. Ma ci mancavano tante cose perchè fosse in tutto e da per tutto legali. Consultati notai, avvocati, e perfino consiglieri del Tribunale, finalmente dopo un anno si potè presentare lo statuto all’ approvazione dei soci, e indi chiedere che prima Società cooperativa di acquisto o smercio di generi di prima e più comune necessità fosse inscritta nei pubblici Registri Consorziali. Col primo luglio 1891 si apriva il magazzino cooperativo in Villa di S. Croce in Giudicarie, e col primo di gennaio 1893 si avranno in piena attività altri tre magazzini cooperativi giudicariesi, cioè a Vigo-Lomaso, a Creto in Pieve di Bono ed a Roncone. La scintilla che gran fiamma seconda è un fatto per le Giudicarie: vediamo che lo sia anche per tutto il Trentino. Scopo delle presenti chiacchiere è proprio questo, e scusate se è modesto.

Intanto mi permetto di riprodurre qui lo statuto nella forma che si credette bene usare al presente, e quale ripetutamente venne approvato dalla competente autorità, e sopra questo poscia faremo lunghe chiacchierate per trarlo in moneta, sì che lo capiscano anche i più riottosi alpigiani.

I miei amici pronosticano che finirò col farmi lapidare da qualcuno; nel qual caso, rispondo, ho pronta l’epigrafe: Qui giace lapidato Renzo, che lavorò pel popolo (lapidato)!

*) Su questo argomento il nostro solerte corrispondente ci promette una serie di articoli che verranno poi pubblicati in un fascicolo a parte, meritando di essere attentamente letti e studiati dagli impiegati e dalle Direzioni dei nuovi magazzini.

Società cooperative rurali.

Un primo perchè.

Perchè dare a queste società il nome di Famiglia cooperativa e non già qualche altro migliore o più noto? La ragione di aver scelto ora questo titolo è giustificata dopo un’ anno d’esperienza. La prima società, nata a S. Croce, porta il nome di Consorzio Cooperativo, e questo nome ci fruttò dei grattacapi che in realtà non ci meritavamo.

Come si capisce dallo scopo di questa società, essa non è altro che un’ unione legale di capi di famiglia per fare con minor spesa quello che essi fanno con maggior dispendio andando separati ed individualmente. Quindi quei diritti che ha legalmente un capo di casa, stando solo, non devono  andar perduti se si unisce con altri suoi compagni a fare cumulativamente i suoi affari; qualora li perdesse, associandosi agli altri, perderebbe e non guadagnerebbe in diritti e sarebbe frustato lo scopo di società. L’intenzione stessa del legislatore, e molto più quella del nostro Sovrano, che nello ultimo discorso del trono raccomandò simili istituzioni per contadini, non è certo quella di decurtare i diritti dell’individuo associandosi, ma di estenderli. Non sembra giusta l’osservazione?

Ora il nome troppo generico di Consorzio Cooperativo ebbe ad infiltrare in certe autorità subalterne un idea di guadagno, di negoziature, di speculazione, da pretendere che questi consorzii cooperativi sieno soggetti a tutte quelle gabelle ed a que’ pesi cui devono assoggettarsi gli esercenti che appunto esercitano per guadagnare a spalle di terzi.

 Qui invece tutto cambia aspetto e realtà. La idea di  guadagnon’ è affatto esclusa quanto deve escludersi verso un padre il guadagnare a spalle dei propri figli, qui non si dà il caso nè di speculare nè di negoziare ; tutti i soci sono eguali a parole ed a fatti; se un solo dei soci a preferenza di altri avesse a guadagnare, va perduto con ciò l’ideale della società, anzi issofatto cesserebbe di essere quella che deve essere, cioè una vera famiglia in grande, detta perciò famiglia cooperativa.

Queste società costituendosi in base a propri statuti non fanno che tutelare maggiormente i diritti dei singoli soci e con ciò debbono sfuggire a quelle leggi che furono fatte appositamente per colpire coloro che intraprendono un esercizio per guadagnare a spalle altrui.

In via giuridica adunque, è bene ripeterlo, il socio che prende parte a queste nostre società dovrebbe acquistare il diritto  e non già perdere, perchè altrimenti cesserebbe lo scopo di tali istituzioni. Finchè il legislatore non fa leggi speciali che possono colpire queste società, esse a mezzo dei loro statuti sfuggono alle leggi comuni fatte pei veri esercenti. Così si intende ovunque e si deve intendere anche qui da noi. All’atto pratico però fatalmente fin qui ciò non avvenne, e troviamo p. e. che l’autorità di finanza vuole assoggettare queste nostre società all’imposta del dazio consumo, mentre in via giuridica devono essere esonerate, giacchè non esiste fin qui nissuna legge che ve le obblighi. Per far valere questa pretesa si ricorre ad un assioma che fa a pugni colla logica, col buon senso e colla realtà, si dice: La vostra società è una persona giuridica e quindi non si può identificare colle persone de’ soci, e di conseguenza si colpisce la persona giuridica di tasse e di balzelli e si lasciano i soci nei loro diritti. – Finchè si tratti di società anonime, i cui soci s’ignorano e negli statuti dei quali domina l’idea ed il fatto del lucro, transeat, ma che questo valga nella nostra società, i cui soci stanno elencati uno per uno e di cui devesi ogni sei mesi darne nota alle pubbliche autorità, ed ove viene esclusa affatto perfino l’ombra del lucro, è affatto erroneo, e quello assioma a cui si ricorre diventa una base falsa ed un mero pretesto. In altri Stati, ove si discusse questa vertenza, si finì coll’esonerare le Cooperative, come le nostre da simili contribuzioni, e se si vogliono colpire si devono fare leggi apposite. Le leggi tributarie del 1829 alle quali si ricorre qui da noi non sono leggi che possono colpire istituzioni recentissime nate solo nel 1891. Per fare intendere quindi maggiormente i nostri diritti, che altri amano dire privilegii, abbiamo messo in testa a queste società il nome Famiglia cooperativa. Ecco il gran perchè. Sarà esso inteso da chi ci deve intendere? si cesseranno quelle restrizioni che pretendono assottiglirci il fondo di riserva ammanito con gran stento nel corso di un anno per pagare un aggravio al quale nissuna legge ci obbliga, con soprasello di una multa esorbitantissima? Noi non abbiamo i mezzi per far svolgere  innanzi ai tribunali in via legale questa nostra vertenza, ma i nostri onorevoli, che siedono in parlamento, potrebbero avere buono in mano per interpellare se è fondato in legge simile procedere a carico di queste novelle istituzioni. – A loro dunque ci raccomandiamo; ai nostri legali poi presentiamo per lo studio questo famoso aforisma di recentissima data, cioè: Le cooperative di acquisto o smercio, anche senza nissun dividendo, sono da considerarsi persone giuridiche e quindi come tali non possono identificarsi coi soci. Ma di grazia, soggiungo; e se la società fa debiti, se la società deve pagare, dove trova essa il denaro se non nelle saccoccie dei soci che formano la società? Dato il caso che la società non possedesse per più sicurezza di vitalità un fondo di riserva, come farebbe il creditore a farsi pagare, se non rivolgendosi ai soci per avere gl importi eventuali?

 Quindi sostengo per parte mia non basarsi in diritto detto assioma, e perciò non valevole come base di condanne eventuali. – Colla speranza quindi che le Autorità di tassazione si mettano su miglior via sul conto di queste cooperative,  passiamo senz’altro all’analisi dello statuto.

(Continua)

Società cooperative rurali

Art. I. Scopo.

È di somma importanza anzitutto il ben comprendere il fine di queste associazioni rurali.- Questo si concentra in queste poche parole: provvedere ai propri soci il necessario alla vita con minor spesa possibile, ed in secondo luogo smerciare cumulativamente que’ prodotti che non fanno pei soci al prezzo maggiore si possa. Dunque avere con poco e dare con molto.

Il conseguire questo scopo rare volte è concesso ai singoli individui; più facile n’è la riuscita se lo si fa ben uniti in più. Dico bene uniti, imperocchè se l’unione non è basata a giusti e solidi principii, a nulla si riesce. Come nelle cose di religione e di anima è buona cosa che i fratelli stieno uniti in un cuor solo, così è pur cosa buona il farlo pegli interessi materiali. Un interesse poi dei più vitali non si può dare di quello che tratta del pane nostro quotidiano. Il lasciare questa faccenda in balia al primo furbo che capita in paese, ovvero il continuarla bonoriamente  come ai tempi degli antichi nonni, non è cosa dei nostri tempi non solo, ma neppure cosa che si possa fare a retta coscienza; giacchè siamo tutti obbligati a non lasciarci gabbare da nissuno. Quanti dei nostri popolani si lamentano delle unghie del terzo e del quarto e si trovano incapaci individualmente di porvi riparo! Ma il riparo è pronto, basta unirsi in più al medesimo scopo. L’unione fa la forza, è vecchio proverbio; e mai si avvera così presto come in queste società cooperative. Tutto sta che l’unione si faccia vera, cordiale, senza secondi fini, ma solamente al fine unico di aiutarsi a vicenda tutti per uno, ed uno per tutti. Lo scopo adunque di queste società non è il risultato della scienza moderna, o della moderna filantropia, è nientemeno che il Vangelo di Cristo messo alla pratica nel punto più pratico della vita materiale, qual’è il vitto ed il vestito. A far questo non si offendono diritti di terzi, non s’ intende la rovina di nissuno, ma si cerca di promuovere il vantaggio comune. Le leggi civili provvidero coi loro paragrafi alla tutela di queste società, e sotto l’epica delle leggi noi dobbiamo avviarci per questa via, dietro alle orme segnate dalla giustizia e della carità, queste figlie del cielo che affratellano veramente e sempre più i già fratelli in Cristo.

Quindi solamente coloro che amano esser giusti o caritatevoli hanno libera la porta a queste nostre società e vi resteranno con comune vantaggio. Se altri poi con altri fini volesse parteciparvi, è buono lo sappia subito: o non verrebbe accettato, o ben breve sarebbe la sua durata in società. Chi mira solo al proprio interesse, chi si serve della società per far aumentare il proprio scrigno a scapito de’ soci, o per altri fini che non sieno in regola colla giustizia e colla carità, non deve giammai essere ammesso a far parte di questi nostri sodalizii. Il nostro clero è tra i primi a sostenere queste istituzioni, tra i primi dà il suo nome come associato, non rifiuta neppure di assumere qualche carica, sia nella Direzione, sia nella Commissione di sorveglianza; il nostro popolo gode nel vedere questa cooperazione dei suoi sacerdoti e ne pronostica bene; ma l’attività del clero in questa facenda???  durerà finchè i principii della giustizia e della carità saranno rispettati, anzi protetti, ma non potrebbe farlo quando, dato un calcio ai medesimi, vi vedesse regnare l’affarismo, il particolarismo, il soppruso, ed altre cose che meglio stanno di casa presso gli ebrei che i cristiani. Tanto lo statuto che il regolamento interno sono animati di questo spirito e tendono a questo unico scopo, e per conseguenza a questo deve assolutamente uniformarsi chi intende promuovere queste salutari istituzioni ed anche colui che a queste desidera dare il suo nome. 

Uno dei mezzi per sciogliere la questione sociale e per scongiurare la presente crisi agricola suggeritici dalla sapienza del nostro sommo Pontefice Leone XIII nella sua Enciclica sulla questione sociale, sono appunto queste associazioni tra contadini, la classe più meritevole di essere protetta, dirette con questo scopo  e con questi principi. Per questo confidasi che si vedranno di buon occhio dal nostro clero in cura d’anime queste provvide società, e che volenteroso si presterà a sostenerle dandovi il suo nome ed accettando all’eventualità qualche particolare ed onorifica mansione nelle stesse; imperocchè ciò facendo darà più sicurezza al nostro contadino che entro queste società non si celano i tranelli di privato interesse. E mentre il sacerdote con ciò s’interesserebbe per l’affare corporale del suo curaziano, gli riuscirà ancora più facile e proficuo il promuovere quello morale e spirituale. Lodo constatarlo, in Giudicarie i primi promotori di queste società furono persone del clero, e non dubito che la loro attività e perseveranza nella cosa approderà a sicuro e felice esito, quale sarà il vero progresso agricolo di queste valli, senza urtare con ciò nei velenosi addentellati del socialismo.

Ma basta dello scopo, veniamo al resto.

(Continua)

Art. II. Sede e denominazione.

La sede delle Famiglie cooperative, va da sè che deve essere comoda ai più dei soci; giacchè un primo vantaggio, che si deve loro procurare, si è quello di avvicinare quanto più si può il luogo di provvista dei generi necessarii alla vita a quello di poter smerciare i propri prodotti. Lo stabilire il luogo più opportuno spetta all’ assemblea generale dei soci, e questi, non v’è dubbio, procureranno il bene comune, cercando anche in questo il miglior vantaggio di comodità, utilità e risparmio.

Riguardo al nome, abbiamo già detto del perchè abbiamo ora prescelto questo di Famiglia cooperativa. Resta però libero ai soci di scegliersi qualsiasi altro nome che loro aggradi meglio, basta però che a questo paragrafo dello statuto non manchino le parole volute dal § 4 della legge 9 aprile 1873 N. 70 che suonano: Consorzio registrato con garanzia limitata (o illimitata conforme che si stabilisce), giacchè se queste parole non vi fossero tassativamente, potrebbe darsi il caso di vedersi respinta la insinuazione della società come avvenne testè al sottoscritto per la società di Lomaso. Quindi la dizione per essere legale dovrebbe suonare così :

La società ha la sua sede in …… e si denominerà : La Famiglia cooperativa di …… Consorzio registrato con garanzia limitata per acquisto e smercio di generi.

Certe sottigliezze burocratiche bisogna subirle, che altrimenti vi vedete rifiutato l’accesso nei registri consorziali.

Nello statuto si dice che la società sarà istituita (§ 4) quando conta 30 soci almeno. Ciò non è prescritto in legge, ma va da sè che una società cooperativa minore di 30 soci sarà come non esistesse, specialmente trattandosi di acquisto e smercio di generi. Eppoi, esiste giuridicamente società senza soci? Stando a certe decisioni parrebbe di sì! Ma la nostra non esiste se non ha 30 soci almeno. Tanto in questo paragrafo quanto nel § 1 si parla di garanzia limitata e di tempo indeterminato. A spiegazione di queste parole devisi osservare che vi sono società i cui soci danno una garanzia illimitata, cioè con tutta la loro sostanza, come avviene nelle Casse rurali di prestiti a sistema Raffeisen, e di cui forse parleremo in appendice a queste chiacchere.  Qui invece si parla solo di garanzia limitata, cioè che il socio non garantisce con tutta la sua sostanza, ma solo per quel tanto che si stabilisce nello statuto. Ora nel nostro statuto al § 50 lett. b. è detto che il socio garantisce per gli obblighi sociali validamente contratti coll’importo della quota di compartecipazione, cioè con fior. 5, già versati, e più con il decuplo di questa azione cioè : per altri fiorini. 50 (cinquanta.) Ciò vuol dire: che se la società dovesse andare alla malora proprio del tutto, con uno di quei patatrac uso Vienna, al postutto il socio non dovrebbe pagare del suo, oltre ai 5 fiorini già versati, che fior. 50 (cinquanta); non si potrebbe obbligarlo di più né in legge né in coscienza. Ecco quello che importa questa garanzia limitata al decuplo della quota di partecipazione.

Riguardo al tempo che deve durare la società, la legge prescrive che nello statuto questo tempo sia indicato, quando questa durata è limitata ad un tempo determinato. Se la durata non è fissata, s’intende da sè che deve essere a tempo indeterminato, e la legge non obbliga a dirlo nello statuto. Però all’atto pratico i nostri Tribunali, come senato di commercio, pretendono che sia segnato nello statuto anche il tempo indeterminato, altrimenti vi rifiutano l’inscrizione della società. Dunque, per buona regola, si deve segnare anche il tempo indeterminato, come si dovette segnare al §. 1.

Art. III. Assunzione nella società.

Non tutti coloro che vogliono possono essere soci della società, ma solo coloro cui è concesso dalla legge 9 aprile 1873 N. 70 e dalle disposizioni dello statuto.

Primo primis: condizione assoluta si è che il socio sia capace ad obbligarsi, cioè sia persona giuridica. Quindi i minorenni, i tutelati non possono da soli far parte di queste società, al più lo potrebbero a mezzo dei loro tutori, se la legge tutoria neda facoltà, come credo di si. Anche i corpi morali possono far parte della società a mezzo dei legali rappresentanti, come p. e. le chiese per mezzo dei fabbricieri, le Congregazioni di Carità a mezzo dei loro presidenti, e così dicasi di altri corpi morali. – L’ attività di queste società si può estendere finchè si voglia entro i limiti della monarchia austriaca, ma fin qui al caso nostro non viene estesa oltre il distretto giudiziale, e con ragione, perchè sarà ben difficile il caso che abbiano vantaggio dai magazzini sociali que’ soci che dimorassero troppo lontani. – Colui che desidera farsi socio deve a voce od in iscritto farne domanda, la qualo può essere accettata o no dalla Direzione senza obbligo di dirne il perchè.

La Direzione nell’accettare o  meno il socio chiedente, ha di mira sempre lo scopo sociale. Se il nuovo socio dà garanzia, che lo scopo sociale non sarà frustato, lo accetta altrimenti lo rifiuta. Quando la Direzione prevede che il chiedente desidera associarsi o per suo interesse privato, o per mettere zizzania nel campo, o per arrecare in qualsiasi altro modo più danno che bene alla società, rifiuta addirittura di ascriverlo al sodalizio. Ciò facendo, non avrà mai a pentirsi della sua energia usata fino da principio.

Quando il socio è accettato, viene invitato  a pagare la quota di compartecipazione e a mettere la sua firma, mano propria, nel libro a ciò stabilito, e gli viene rilasciata tosto copia dello statuto, in calce al quale sia la quitanza della quota soddisfatta.

L’assemblea generale però è dallo statuto autorizzata a concedere ai nuovi soci anche il pagamento in rate della quota sociale e questo sul riflesso di facilitare anche ai meno abbienti l’ ingresso nella società. All’atto pratico però io consiglio a non farlo mai, per non mettere gravi disturbi nell’amministrazione. I poveri possono egualmente fare acquisti nei magazzini sociali, quando è iscritta per loro la locale Congregazione di carità od il rispettivo Comune, e quindi da questo lato cessa il bisogno di stabilire il pagamento delle quote in rate. Il tasso poi stabilito di fior. 5 è così basso, che un scoio qualunque, anche di poca forza pecuniaria, può ammanirlo o trovarlo altrove, mentre colle provviste di un solo mese presso il magazzino sociale sicuramente gli sarà rimborsato di fronte a quelle fatte altrove. Del resto, a nissuno devono rincrescere questi 5 fiorini di quota, perchè non vanno in un sacco senza fondo, ma restano sempre di proprietà del socio, come si dirà nell’articolo seguente.

(Continua)

Art. IV. Fondo sociale.

Senza fondamenta non può stare in piedi nissun edificio, e senza fondi nissuna società cooperativa. Quindi anche nella nostra Famiglia Cooperativa viene stabilito un fondo sociale. Questo, come si disse qui sopra, viene costituito a mezzo delle quote sociali di forinicinque l’una.

L’assemblea generale può innalzare od abbassare l’importo di questa quota a suo piacimento, secondo le facoltà concessele dallo statuto, ma a conti fatti, e ad esperienza avuta, si ritiene questa cifra essere alla portata di tutti; non è troppo elevata nè troppo bassa, ma una cosa di mezzo, accessibile a tutte le borse, sempre del resto poco tese, dei nostri contadini.

Ad ognuno è libero di associarsi pagando più di una quota, e magari per un numero indeterminato, ma ben pochi faranno questo eroismo di carità, giacchè sulle quote non corre nè interesse nè dividendo. Questa disposizione dello statuto venne messa appositamente per escludere da queste società ogni idea di lucro, perchè altrimenti facendo queste istituzioni diverrebbero un po’ alla volta proprietà degli abbienti e fonti d’affarismo. Più ancora, con questa disposizione si vollero tenere lungi le griffe del fisco, che con ansia affamata sempre più sta là in attesa di rendite e di profitti. Se fino a qui poco ci giovò questa clausola così chiara e parlante, speriamo ci gioverà in avvenire, quando la questione delle cooperative sarà ventilata da noi come lo fu in Italia ed altrove. La quota sociale resta proprietà del socio sempre, e questa gli viene restituita quando esce dalla società ed a tempo opportuno, giusta le disposizioni dello statuto segnate all’articolo XVII.

Il fondo sociale passa nell’azienda della società, ma resta sempre in evidenza, giacchè ogni sei mesi devesi renderne conto all’autorità finanziaria per la tassazione rispettiva contemplata in legge sul suo eventuale aumento o diminuzione. Nel giornale di cassa il capitale sociale porta una rubrica apposita coi titoli appunto di aumento e diminuzione vicina a quella del fondo di riserva, sul quale discorreremo a tempo e luogo. Vi furono di quelli che al leggere questo nostro statuto, nel quale si esclude qualunque interesse o dividendo sulle azioni sociali, non approvavano la cosa, nel senso che difficilmente il socio avrebbe concorso con più azioni, ma si limiterebbe ad una azione soltanto; mentre se vi fosse stato un interesse o dividendo, tantissimi avrebbero concorso con più azioni. Ma appunto in vista di questo, oltre le ragioni finanziarie sovraesposte, non si volle segnare nissun dividendo. Imperocchè i soci, trovandosi quasi tutti al medesimo livello di quote, era più facile anzi sicuro il mantenere fra loro il medesimo grado d’indipendenza, cementando sempre più quel giusto spirito democratico che domina nelle nostre istituzioni.

L’esperienza fin qui fatta giustificò questa disposizione statutaria, e siamo di parere debba sempre mantenersi trattandosi d’associazioni popolari nei paesi agricoli delle nostre vallate trentine, ove da secoli il contadino è uso trovarsi in provvidenziale indipendenza.

Art. V.

VII. Organi sociali – Adunata generale.

Fra gli organi sociali, chiamati a dirigere il movimento cooperativo, il più importante per autorità ed attribuzioni, è senza dubbio in queste nostre società l’assemblea generale de’ soci. A questa venne conferita la massima autorità, appositamente per mantenere quell’indipendenza e popolarità che devono avere questi sodalizi, come si disse nell’articolo antecedente. Al § 22 sono segnate specificatamente queste attribuzioni o poteri. Per questo avverrà che delle assemblee più volte all’anno dovranno convocarsi per trattare una o l’altra delle numerose facoltà attribuitele dallo statuto sociale.

Una convocazione dell’assemblea generale è assolutamente necessaria, entro i due mesi della chiusura dell’anno amministrativo, per la liquidazione dei conti ed altre relative e conseguenti operazioni, ma saranno utili le adunanze generali anche se si terranno a minori intervalli. Noi nel primo anno di esercizio, e per la prima di queste istituzioni in S. Croce abbiamo tenuto un’ assemblea generale ogni tre mesi, appena che era in ordine il bilancio trimestrale. E per l’andamento della società queste riunioni giovarono assai. Anzitutto nelle adunanze generali la Direzione è in grado di sentire le opinioni di tutti, e gli eventuali lagni che vi fossero a carico o della Direzione, o d’altre persone in servizio della società. Dai soci uniti si può meglio decidere sul prezzo dei generi, sulla qualità degli stessi, e sul bisogno più o meno maggiore di farne acquisto e deposito.

Nelle adunanze generali è dove si sviluppa quello spirito di santa fratellanza cristiana che deve sempre animare queste società affinchè progrediscano sempre fiorenti; e quand’anche qualche volta dovesse, per necessità delle cose, avvenire di quando in quando qualche opposizione per parte di alcuni soci, è solo nell’adunanza generale il luogo di mettere bellamente le cose a posto e fare tutti persuasi della rettitudine di procedere di qualche membro sociale, ovvero di farne quella regolare esclusione che fosse reclamata dal caso. Le decisioni plebiscitarie presso il popolo nostro hanno un valore grandissimo, e certe lagnanze suscitate quà e là da malevoli, che non mancano e non mancheranno mai, finiscono di scomparire innanzi al perentorio giudizio di tutti i soci riuniti.

Per facilitare poi queste adunanze venne fissato il numero legale de’ comparsi ad una quarta parte dei soci, ed è ammessa ancora la procura in modo che un socio può rappresentare due altri membri con procura. Riguardo alla convocazione dell’ assemblea, all’ ordine del giorno, al modo di discussione, al relativo protocollo, valgono le regole solite. Anzi la tenuta del protocollo sui conchiusi delle adunanze è di grande importanza, perchè esso fa non solo parte dei registri sociali, ma forma la base di tante operazioni per la loro legalità.

Una delle mansioni vitali, per così dire, dell’ assemblea generale è quella di sapersi scegliere la Direzione ed il personale di servizio, in specie il magazziniere. Affinchè queste nomine riescano veramente quali si devono, i soci chiamati a farne la scelta devono svestirsi di ogni idea di campanilismo, di parentela, o d’interesse privato. Qui si tratta di affidare in mano ad alcune persone gli affari i più delicati ed importanti di una famiglia ; e quindi le persone da scegliersi devono senza confronto avere tutte quelle qualità di abilità e galantomenismo che non ammettono nissun dubbio. In ogni paese si danno di queste persone che godono la fiducia di tutti, che sono i prescelti negli affari più intimi e delicati; ebbene, a queste persone sta bene affidare il movimento di queste aziende delicate. Il partito quindi e la camerilla vanno assolutamente banditi in queste elezioni, ed ove facessero capolino, abbiamo già un cattivo sintomo che la società non finirà in bene. Qui è tutto cosa di fiducia e di piena fiducia; è il cuore di galantuomo che vota pel galantuomo. Vero che, ove le persone elette non corrispondessero appieno, c’è la Commissione di sorveglianza e l’assemblea generale che possono rimediare a tutto, ma è molto meglio non venire a questi rimedi, cioè non averne bisogno; ed il bisogno non vi sarà quando le cose si fanno ammodo a bella prima. La prima di queste società esordì in questa maniera, e dopo un’ anno di esistenza l’assemblea confermava i suoi eletti per un altro anno, senza sentire il bisogno di fare cambiamenti. In questa fiducia confermata nella Direzione sta il segreto del progresso sempre più progrediente della medesima. Naturalmente, non possono protrarsi troppo a lungo i sacrificii ai quali vanno incontro gli eletti che funzionano gratis; e per tante circostanze che sopravvengono uno o l’altro dei membri dovrannosi cambiare, ma ripeto : il mutamento avvenga sempre con persone che godono la sicura fiducia dei soci.

Finchè lo spirito cristianamente democratico, di cui si informano queste nostre istituzioni, si manterrà eguale, non può a meno di portare questi frutti desiderati, necessarii.

(Continua)

Articolo VIII.

XI. Direzione, Presidenza, Consiglio di Sorveglianza.

Oltre al presidente e vice-presidente si danno altri membri di direzione da eleggersi dall’adunanza generale dei soci. Questi membri generalmente sono cinque, ma possono essere in meno od in più giusta i bisogni al caso pratico. Ove la società si estendesse a più paesi limitrofi, sarà ben fatto che nella direzione abbiano parte dei membri che abitino nei rispettivi paesi, almeno uno per paese. Così facendo tutta la direzione potrà venire a cognizione dei bisogni di tutto il distretto sociale, e sarà in caso di valutare la possidenza e il galantomenismo di ogni singolo socio. Buona cosa ancora sarà serbare un numero dispari tra i membri della direzione, affinchè in votazioni pari possa decidere quello del presidente, il quale per regola non vota mai nelle deliberazioni sociali. – Sul modo di fare l’insinuazione nei pubblici registri per parte dei membri della presidenza discorremo in fine, quando parleremo del regolamento interno. Le attribuzioni della presidenza segnate al § 26 sono limitate tanto nel numero che nel modo, e ciò perchè si volle sempre mantenere lo spirito democratico e non subire il maneggio burocratico di un direttorio qualunque. L’autorità vera e plenaria sta sempre nei soci, che la esercitano nelle unioni generali; la direzione, ed in modo speciale il presidente, ne è un semplice rappresentante di fronte alle autorità in giudizio e fuori, ma la società e sua attività resta immedesimata nei soci, sebbene le cavillosità fiscali si sforzino di sentenziare altrimenti. La semplice lettura dello statuto dovrebbe persuaderne chiunque.

Affine di persuadere che la direzione sociale non è padrona ma umile servente, e che deve servire a tutta regola, oltre all’assemblea generale ha di fianco ancora una Commissione di sorveglianza, la quale in ogni ora, all’impensata, ma sicuramente ogni mese deve sindacare l’operato della direzione, e di altri inservienti della società.

È importantissima la mansione degli uomini di sorveglianza, e perchè importante venne stabilito che uno di questi fosse eletto indipendentemente dai soci, cioè dal Consorzio Agrario distrettuale nel cui raggio vive la società.

Questa disposizione statutaria apparirà forse a qualcuno un peccato imperdonabile a carico dei fondatori di simili istituzioni. Ma con buona pace di costui m’affretto a dirlo che non è.

Fu a merito di un presidente di un Consorzio Agrario distrettuale che ebbero principio e vita tali società, furono gli aiuti morali e pecuniari del più volte benemerito Consiglio Provinciale di Agricoltura sezione di Trento, che sostennero nella nascita e nello sviluppo queste provvide istituzioni tra contadini; era quindi debito di gratitudine il segnare un punto nello statuto che riguardasse i benefattori, e fu segnato qui con tutta opportunità. Una persona che controllasse l’operato della direzione, e che si trovasse affatto libera da idee preconcette, meglio non si avrebbe che in quella persona che nominasse il Consorzio Agrario distrettuale. D’altra parte nissun’ altra istituzione agricola esiste in paese che più possa interessarsi delle nostre Famiglie cooperative quanto i nostri Consorzi Agrari distrettuali. Non un peccato quindi, ma una providenziale deliberazione fu quella di stabilire nello statuto che uno dei membri di sorveglianza (che del resto possono essere più di tre) venisse nominato dalla presidenza del rispettivo Consorzio Agrario distrettuale.

Nelle mansioni importanti che toccano giusta il § 31 a questo Consiglio di sorveglianza è degna di nota quella di sospendere perfino la direzione dall’operare ulteriormente, e di chiamarla al redderationem dinnanzi all’assemblea dei soci. È questa una spada di Damocle che deve far stare in giusta strada i passi della direzione; e d’altra parte è un valido appoggio alla stessa sulle eventuali delibere di qualche importanza, perchè può sentire il suo consiglio ogni volta che lo voglia.

La Commissione di sorveglianza è infine quella che rivede il conto e i bilanci ex officio, dovendo essere a lei presentati pella revisione prima di passare alla liquidazione dell’assemblea.

(Continua)

Società cooperative rurali.

(Continuazione.)

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Due parole d’intermezzo.

Finite le chiacchiere sullo statuto delle cooperative rurali, ho promesso di pubblicare il regolamento interno delle stesse colle relative altre chiacchiere. Ma, visto che con ciò dovrei ripetere tante cose, e molto più che un regolamento interno non può servire per tutte, ma anzi dovrebbe essere cambiato ad ogni momento giusta le esigenze locali di ogni singola società, così ho pensato di pubblicare tutto assieme e il materialeper un regolamento interno e le rispettive dilucidazioni, lasciando libero ad ogni società di scegliere per sè quello che crederà più opportuno. farò quindi un bazar di regolamento, come un bazar di vestiti fatti, ognuno poi scelga quello che fa per la sua persona, ossia pei suoi soci; spero con ciò di abusare meno della pazienza del lettori, sebbene li conosca per tre volte buoni e tolleranti.

Quello che vado dicendo nel primo capitolo del regolamento interno riguardo alla costituzione della società, s’intende per ogni società economica e cooperativa, e così pure per le casse rurali di prestito e di risparmio, società tutte che vanno iscritte nei registri consorziali pressi il rispettivo inclito i. r. tribunale, quale senato di commercio.

Ciò premesso, a miglior intelligenza ed a mia giustificazione, ecco senz’altro il regolamento interno, osservando che resta libero ad ogni assemblea sociale di restringere o di estendere a suo piacimento queste regole conforme troverà opportuno per ciascuna societa cooperativa in particolare.

Regolamento interno

delle

Società cooperative di acquisto e smercio

Capitolo I.

Costituzione della Società

  § 1. Le società cooperative d’acquisto e smercio possono venire instituite con buon esito ovunque siavi una popolazione che abbia bisogno di provvedersi altrove dei generi necessari alla vita, o che abbia essa dei generi in più per smerciare agli altri. In questa popolazione non possono giammai mancare alcune persone abbastanza adatte per dirigerle ed amministrarle correttamente, premessa un po’ di pratica presso qualche altra società già in azione. La pratica vale più della grammatica, dice il proverbio, e quì si avvera ancor più, giacchè anche la scienza più fina farebbe ben meschina figura di fronte ai via vai, ai registri, ed agli affari interni d’un magazzino cooperativo. Premessa dunque questa pratica, occorre onoratezza, e diligenza e retta coscienza, e non v’ha dubbio che, grazie a Dio, nel nostro popolo non fanno difetto di simili persone. Dunque da per tutto si possono costituire queste provvidenziali associazioni.

  § 2. Per passare alla definitiva e legale costituzione della società, conviene che gli iniziatori o promotori della stessa si uniscano in sessione, nella quale si ripassino ad uno per uno i §§ dello statuto, ed in certo modo li traggano in moneta, e dove trovassero da farvi qualche aggiunta pel caso particolare, o qualche modificazione, la possano tosto fare, indi si passa alla sua formale accettazione redigendo per più sicurezza un relativo protocollo. Nel § 4 dello statuto si dice che la società deve avere almeno 30 soci, ma non è necessario che siano tutti presenti all’accettazione dello statuto, basta avere la sicurezza che anche gli assenti riterranno per approvato quello che fanno i promotori. Ciò fatto, s’invitano tutti i soci, e coloro che volessero associarsi, ad una adunanza generale, che deve seguire almeno 8 giorni dopo, per eleggere la direzione sociale a senso del § 23 dello statuto, coll’osservazione che tutti indistintamente coloro che intendono prender parte alla società prima dell’adunanza generale dovranno mettere la propria firma alla rispettiva rubrica nella matricola de’ soci, colla quale si dichiarano in antecedenza di sottostare al disposto dello statuto, ai conchiusi dell’assemblea, ed alle prescrizioni del regolamento interno. Qualora non fosse preparata ancora, assieme agli altri registri, la matricola de’ soci, vi può supplire un foglio in formato cancelleria, sul quale si premettono le seguenti parole:

Atto addì .  .  .  .  .  .  .  .  189  .  .  in  .  .  .  .  .  . 

« I sottoscritti colla loro firma dichiarano 

« di sottostare pienamente alle prescrizioni dello

« statuto, dei conchiusi dell’assemblea, e del re-

« golamento interno della società cooperativa di

« acquisto e smercio in …..

(seguono le firme di proprio pugno dei soci)

§ 3. Nella prima assemblea regolare dei soci si viene alla elezione della direzione secondo le norme segnate tassativamente nel § 23. Per presiedere tale assemblea, affinchè le cose procedano in tutta regola, sarà ottima cosa scegliere una persona adattata, o come si fece fin qui, invitare a questo scopo il presidente o suo sostituto del rispettivo Consorzio Agrario distrettuale, il quale è poscia chiamato a completare, con un membro, il Consiglio di sorveglianza. Tanto più sta bene far ciò per le ragioni esposte nelle chiacchiere sullo statuto.

In questa prima adunanza si può ancora eleggere la commissione di sorveglianza ed il magazziniere, nonchè gli eventuali provveditori, nel qual caso si deve indicarlo nell’ordine del giorno sull’avviso di convocazione.

§ 4. Terminata la elezione della presidenza, si scrivono i nomi dei nuovi membri eletti nello statuto al posto lasciato in bianco al § 67, col nome, cognome, condizione, paese;  p. e. sig. Antonio Rivolta possidente in Bergamo, Presidente ecc. ecc…..

Ciò fatto si preparano tre esemplari degli statuti, uno come originale, il secondo come copia conforme, il terzo come copia semplice. Lo statuto originale, e l’istanza per l’ i. r. tribunale, redatta nella forma che si dirà più sotto, devono essere firmati da tutti i membri della direzione, in modo però che dette firme sieno fatte alla presenza o dello stesso tribunale, o di un i. r. giudice, o i. r. notaio, i quali devono autenticarne l’autografia. Il bollo occorrente per tutte queste operazioni ammonta a queste cifre: Lo statuto originale è esente da bollo, ma in calce allo stesso pell’autenticazione delle firme occorrono un bollo da fior. uno pel presidente, e un bollo da cinquanta soldi per ogni membro della direzione; nel nostro caso adunque fior. 4 di bolli. La copia autentica deve portare un bollo di fior. 1 ad ogni foglio; più fior. 1 per sua autenticazione; la copia semplice va esente da bollo.

L’istanza porta in testa netto un bollo pure da fior. uno, ed in calce le firme autenticate come nello statuto originale con altri fior. 4 di bollo.

Come si vede i cosidettiprivilegii delle cooperative s’incamminano un po’ salati.

(Continua)

Società cooperative rurali.

(Continuazione.)

—-

L’istanza pell’Inclito i. r. Tribunale Circolare va redatta presso a poco in questi termini.

bollo                                                  Inclito i. r. Tribunale Circolare

f. I.                                                     di………

A. In base agli statuti che si uniscono sub A.

B. in originale e sub B. in copia autentica, per

C. essere trattenuta in codesti Registri, e sub C. per l’i. r. ufficio di tassazione in copia semplice, venne costituito un Consorzio registrato, a garanzia limitata ed a tempo indeterminato, col nome di « Famiglia Cooperativa con sede in……..

I membri della prima Direzione, i cui nomi sono stati inseriti al § 67 dello statuto e legittimati a senso del § 24 dello stesso, firmeranno:

Antonio Rivolta possidente in…. Presidente

Lucio Mondella beccaio in…. Vice Presidente

Rodrigo Tirano possidente in….

Abondio Bonomi carrettiere in….

Cristoforo Fratti falegname in….

Attilio Conti possidente in….

Galdino Grisi calzolaio in….

Viene ricercato quindi codesto Inclito i. r. Tribunale Circolare, quale Senato commercio, a voler inserire in codesti Registri consorziali « La Famiglia Cooperativa di…. Consorzio registrato a garanzia limitata, come pure i membri della Direzione e di disporre per la relativa pubblicazione.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

(Seguono tutte le firme dei membri della direzione fatte manu propria ed alla presenza, come si disse, del giudice o del notaio, il quale con f. 4 di bollo le dichiara autografe.

Finito questo primo passo, si unisce l’istanza e le tre copie degli statuti, reintegrati delle firme e dell’autenticazione già fatta, in un sol plico, e suggellato e raccomandato si manda al suo destino, cioè all’Inclito i. r. Tribunale, il quale se troverà tutto in regola ne farà tosto l’archiviazione, se poi gli verrà qualche scrupolo (chè scrupoli ce ne sono ove meno si crederebbe) vi ritornerà gli atti adducendone il perché, liberissimi di ripresentare i pezzi ad errore o mancanza levata.

Qualora gli statuti si scrivessero, invece che adoperare quelli a stampa, devo notare che si scrivono senza cancellature e senza alterazioni di sorta, perché altrimenti non sarebbero ammessi al beneficio dell’inscrizione.

A proposito di scrupoli devo aggiungere all’ultima ora un’errata corrige sfuggito nella stampa dello statuto.

Al § 24 dello stesso, ove parlasi della Direzione, sta stampato in mezzo allo stesso « A tale insinuazione va unita la loro legittimazione. I membri della Direzione sono legittimati da questi statuti (§ 67). Invece deve scriversi: I membri della prima Direzione sono legittimati da questi statuti. Per la mancanza di questo aggettivo numerale « prima» fu ultimamente rifiutata l’iscrizione della « Famiglia Cooperativa di Roncone » si dovettero correggere gli statuti con un I^ romano, e forse forse si avrà accontentate le esigenze del Tribunale.

§ 5. Avuta dall’Inclito i. r. tribunale la partecipazione ufficiale della fatta iscrizione della fatta inscrizione della Società, tosto essa può legalmente dar principio alla sua attività. Prima di tutto, entro 8 giorni dalla fatta registrazione, la Direzione deve a scanso delle multe previste dal § 35 della legge 9 aprile 1873 presentare dai 4 ai 5 esemplari dello statuto con breve accompagnatoria all’Inclito i. r. Capitanato Distrettuale; 2-3 all’i. r. Ufficio delle Imposte, ed un altro all’i. r. autorità di Finanza in Trento.

In pari tempo, col tramite del Consorzio Agrario Distrettuale, si spedisce supplica all’eccelsa Giunta provinciale, allegandovi l’attergato dell’In. i. r. Tribunale testificante la fatta inscrizione, per ottenere il sussidio di f. 200 stanziato nell’ultima sessione dietale per le spese d’impianto delle Società Cooperative.

L’iscrizione fatta presso l’Inclito i. r. Tribunale va pubblicata sulle gazzette ufficiali (e per conto dell’I. R. Tribunale di Rovereto sulle Gazzette ufficiali di Vienna e di Trento.) La relativa pubblicazione non si fa gratis ex officio, come parerebbe dovesse farsi, ma la relativa spesa assai salata resta tutta a carico delle società inscritte. Dico spesa assai salata ed anzi vi aggiungo con un crescendo amaro amarissimo. P. e. un’anno fa alla Gazzetta di Vienna si pagò f. 12.50, mesi fa f. 17.80 e ier l’altro f. 18.90; e forse domani f. 20, e Dio sa quanto ancora in seguito. Non so capire questa faccenda. Possibile che nissuno pensi a questo crescendo di pretese? Ma è proprio necessario che un Tribunale scelga quella gazzetta per pelare la gente in questo modo? Se è in suo potere, e credo di sì, la elimini addirittura per simili pubblicazioni, e si contenti solo di gazzette provinciali, come quella di Trento, la quale, sebbene vadi pur essa crescendo in pretese, è però modesta di pretendere solo un’aumento di soldi, e non di fiorini, come l’ingorda sorella centrale.

Vedo bene che sarà un parlare al deserto, ma ho voluto sfogarmi e dire tutta la verità, almeno per rendere avvisati di queste carezze le presidenze di altre eventuali società cooperative, che non mancheranno certo di nascere ad onta

di tutto ciò.

(Continua)

Società cooperative rurali.

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Cap. II.

Protocolli e Registri

(Continuazione.)

§ 6. tanto per la direzione, quanto pel Consiglio di sorveglianza e per l’ assemblea generale deve essere tenuto un libro de’ protocolli, nel quale vengono esattamente inscritte tutte le pertrattazioni ed in ispecie i conchiusi presi.

Il protocollo poi di un’ adunanza generale in cui vengono prese deliberazioni da insinuarsi presso il Tribunale pell’inscrizione nei registri consorziali (eccettuato quello della prima sessione pella fondazione della società) deve venir esteso nella dovuta forma per l’uso giudiziario, altrimenti non si accetta, e si incontrerebbero i rigori della legge 9 aprile 1873.

I protocolli di sessione della direzione e del Consiglio di sorveglianza vanno firmati da tutti i membri comparsi ; quello invece dell’assemblea generale deve venir approvato da tutta la adunanza, ma soltanto sottoscritto dal presidente e da un altro membro della direzione, e da due soci verificatori nominati dal presidente in ogni sessione a sua scelta e beneplacito.

Resta libero sempre ad ogni socio, come pure alle competenti autorità, l’ispezionare il libro dei protocolli giusta il disposto del § 34 della legge 9 aprile 1873.

§ 7. I numerosi registri occorrenti, e di cui si parlò all’art. XII e XIII dello statuto, sono esenti da bollo qualsiasi, e così pure i libretti di provvista dei singoli soci.

Qui c’è un privilegio di fronte agli altri commercianti.

Dissi già altrove che sul modo di tener questi registri val più la pratica che la grammatica, e quindi consiglio che il magazziniere e il direttore del magazzino la apprenda presso altre società già costituite, perchè ciò gioverà più di tutte le mie chiacchere che facessi in proposito. Una quindicina di buona pratica, e forse meno, sarà più che sufficiente per intendere tutta la delicata e lunga registrazione di queste società.

§ 8. Ogni trimestre, od almeno ogni sei mesi, sta bene un bilancio dell’azienda sociale. Quindi quando si stabilisce di far ciò, si rendono avvisati i soci che almeno per quel giorno il magazzino resta chiuso ad ogni acquisto e smercio. Si nomina una commissione di due o tre soci intelligenti a questo scopo, coadiuvata dalla direzione e dal magazziniere e dal direttore del magazzino.

Prima di tutto si chiudono tutte le partite del dare ed avere e si rifà il debito calcolo di addizione. I risultati finali di ogni partita si segnano p. e. in rosso per distinguerli dalle altre solite trascrizioni. Indi si passa alla stima dei generi restanti in magazzino al prezzo del puro costo, servendosi delle relative fatture ecc. e si finisce il tutto come si disse già altrove all’art XV resa di conto. I bilanci trimestrali o semestrali, come quelli annuali, si devono render noti ai soci, e sarà ben fatto anche renderli pubblici sul Bollettino del Consiglio d’agricoltura, affinché tutti veggano come camminano queste provvide istituzioni.

Una copia dei bilancii si potrà spedire anche ai singoli creditori della società, od ai negozianti grossisti presso i quali si fanno le maggiori provviste, perchè anch’essi possano fare i loro calcoli, se o meno possono stare al sicuro. È ben vero che nessuno potrà temer perdite da queste società, finchè resta vero il disposto dello statuto nel quale si stabilisce la giusta lettera d § 22 che la assemblea deve fissare un massimo debito oltre il quale non è lecito alla direzione di passare, ma i fatti valgono più che le parole, e quando i creditori eventuali hanno sott’occhio il fatto eloquente del bilancio, possono dormire i loro sonni tranquilli.

È noto ancora come queste società cooperative sono odiate a morte dai nostri locali negozianti, perchè si vedono attraversate le loro avide brame di guadagnare come in passato alle spalle de’ gonzi, e quindi non mancano a data e non data occasione di dire fulmini e calunnie a spalle delle cooperative. Sebbene queste per noi non facciano nè caldo nè freddo, chè sappiamo bene aver sempre nemici, pur pure non mancano i minchioni che si lasciano intimorire, od i creduloni che le bevono grosse; e quindi per metter tutto a buon posto, sta bene pubblicar sempre e pubblicar tutto quello che si attiene a queste nostre aziende. La luce chiara non fa male a nissuno dei bene intenzionati, ma essa farà vedere invece quanta malignità regna ancora in questo povero mondo, che con tanta facilità, in questo secolo de’ lumi e del progresso, si lascia ancora ingannare ed infinocchiare!

La schiettezza e la sincerità non sono doti tanto solite nel mercanteggiare, ma queste sieno le prime qualità che debbono avere le nostre cooperative; l’esito loro, così facendo, resterà non vi ha dubbio assicurato e luminoso.

Mentre scrivo p. e. una voce maligna va blaterando che la cooperativa di S. Croce sia agli sgoccioli, che i debiti sono enormi, che i grossisti rifiutano ulteriori somministrazioni; che si sta facendo altro grosso debito presso la cooperativa di Trento, perchè non si sa più a qual santo votarsi per salvarsi da un patatrach ecc. E ci sono i gonzi che bevono tutta la filastrocca!

(Continua)

Società cooperative rurali.

(Cont. v. num. 8.)

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Entro gennaio uscirà il bilancio ed il vero conto, e quello fia sugello che sgannerà ognuno. Io intanto dico:

Vero che la società di S. Croce stà per aprire un conto corrente colla Banca Cooperativa di Trento, ma e perchè? Per avere più indipendenza negli acquisti e più regolare corso al commercio. Invece di spendere e spandere in mano al terzo od al quarto per soddisfare agli impegni assunti, i pagamenti su tutte le piazze interne ed all’estero si faranno d’ora in poi a mezzo della Banca Coop. di Trento presso la quale noi segnaliamo i relativi assegni e depositiamo tutti gli introiti di mano in mano che entreranno nella cassa sociale. L’operazione che ora siamo per intraprendere colla Banca di Trento, speriamo in breve avvenire trasportarla alla cassa rurale di Quadra, quando essa avrà preso l’aire, aiutata da altre consorelle che saranno per nascere e dalla centrale in Trento.

Intanto, non potendo fare come si vuole, ci contentiamo di fare come si puote; almeno non ci si accusi di fannulloni e molto meno di imbroglioni. Il nostro popolo non vuol credere che ai fatti, e fatti noi vogliamo dargliene sul naso fino a completa conversione. Scusino i lettori questo po’ di sfogo, e tiriamo innanzi.

Cap. III.

Soci e loro credito.

§ 9. Un socio, appena è entrato legalmente nella Società, ha diritto di goderne i benefici, e quindi di fare acquisto presso il magazzino sociale di tutti i generi di cui ha egli bisogno.

Ora questo acquisto può farsi in due maniere: o a pronta cassa, o a credenza. Se si fa a pronta cassa, tanto meglio, la cosa è subito finita ; il magazziniere somministra il genere richiesto al prezzo di listino ed il socio ne esborsa l’importo, e notata l’uscita relativa nello strazzetto ed a giornale,nulla hanno più da fare nè il magazziniere nè il Direttore. Se in tutti i paesi si potesse smerciare sempre a contanti, quanto meglio si potrebbe sviluppare una Società cooperativa, ma quis est hic? ossia ove trovassi un luogo dove non sia necessario almeno un po’ di credito a piccola scadenza? Quindi si dovrà assolutamente anche in questa Società stabilire l’acquisto con qualche credito, sia pure in minime proporzioni.

Al Consorzio Cooperativo di S. Croce, e primo dunque di simili società, venne assegnato ad ogni socio un credito libero fino a 30 fiorini, e questo tasso sappiamo che è tenuto fermo anche dalle altre sorelle di Creto, Roncone e Lomaso. Ora come si fa esso e quali regole si devono usare in proposito? Eccone il come.

§ 10. Quando un socio non può acquistare a soli contanti, ma desidera di usare il credito permesso dall’assemblea, si presenta alla Direzione e fa dimanda di acquistare in credenza.

La Direzione è in pieno diritto di accettare o meno la dimanda; in caso di accettazione, invita il petente alla firma di una cambiale assieme ad una ben parsa sicurtà solidale, cambiale non girabile, ma che resta nel magazzino a cauzione del credito assegnatoli fino al valore di 30 fiorini.

Quando il socio ha firmata assieme alla sigurtà insolidale della cambiale cautatoria, allora riceve dalla Direzione un libretto di provviste a credito, sul quale sul timbro della società è segnato il principio del credito fattogli, e con questo, e sempre con questo, si presenta in magazzino a fare le relative provviste.

Il magazziniere non può dare in credenza neppure un centesimo senza la presentazione del libretto di credito, e tutto quello che dà al socio fornito di detto libretto, su questo nota genere per genere e relativo prezzo come sta sul suo strazzetto, e come tutto riporta sul maestro del conto corrente coi soci. Naturalmente le provviste a credito portano un da fare in più al magazziniere, ed è in questo affare che si vede la sua bravura e diligenza, perchè tutto deve essere notato giustamente, chiaramente, se si vuole che la cosa cominci senza ostacoli.

Quando il socio trova sul libretto che il suo credito tocca la cifra assegnata di fior. 30, deve ricordarsi che è arrivato al limite della credenza, e che non potrebbe più fare altri acquisti in questo modo se non dà dei relativi acconti.

Il magazziniere poi ha ordini severi di stare attento al limite massimo fissato al credito per ogni socio, e di non oltrepassarlo giammai senza ordini ulteriori della Direzione; se ciò facesse verrebbe ad assumere tutta la responsabilità del credito superiore a quello fissato per quel socio.

La cambiale che il socio rilascia alla Direzione a cauzione del suo credito può valere da sei mesi fino a due anni senza perdere del suo valore; tutto sta nel modo di saperla usare a dovere e dalla data che vi si mette in testa a tempo opportuno.

Se fosse dato il caso che un socio, arrivato al termine del suo credito, si ferma e non fa più provviste al magazzino, o si vede che vuol danneggiare la società, la Direzione, visto il dubbioso procedere di questo socio, ne mette in regola la sua cambiale, e ne stacca l’avviso relativo, e lo avverte egualmente che la sua cambiale sta per scadere il giorno tale e che quindi ne resta avvisato per le conseguenze.

(Continua)

Società cooperative rurali

(Cont. v. n.13)

            Si spera che queste contingenze dolorose saranno rare assai, ma se dovessero accadere, la direzione non dovrebbe mancare di energia. È nell’interesse della società il farlo, ed è ancora in bene del socio stesso, il quale così verrà ad apprendere il modo di fare il galantuomo, o di non prendere più parte a queste società, le quali vogliono avere per soci soli e dichiarati galantuomini. Se il ritardo al pagamento di un socio dipendesse da circostanze straordinarie di sua famiglia, o da motivi trovati dalla direzione giustificanti, allora la direzione soprasiederà all’incasso, ed animata dalla carità cristiana impetrerà dalla assemblea le maggiori dilazioni che si troveranno del caso.

Cap. IV

Deposito di generi a smercio.

§ 11. Il magazzino sociale può servire anche di deposito di generi offerti da soci per lo smercio. Nissun socio però vi potrà depositare alcun che senza la licenza della direzione.

In generale non è limitata la qualità dei generi pei quali è permesso il deposito e lo smercio in favore de’ soci. Tutto quello che trovasi nelle singole vallate in più e che sta bene esportare, tutto ciò può essere oggetto di smercio per parte di queste società cooperative. Ogni direzione sociale deve pensare a stabilire quì le singole qualità dei generi che faranno più al caso per le circostanze locali. In un luogo vi saranno da smerciare cumulativamente grani e stramaglie, in un altro frutto a granella, a nocciolo, a guscio e biade d’ogni genere; qui si dovrà pensare per lo smercio dei bozzoli, della seta e cascami di filanda ecc. là per i prodotti della vite, uva, graspato, vino, sidro, olio ecc. In una parola la società deve smerciare quello che ha al prezzo più alto che sia possibile.

Conforme al genere da somministrarsi per lo smercio, variano ancora le regole relative. In generale si deve stare ben attenti alle seguenti prescrizioni:

§ 12. La raccolta dei prodotti che si affidano alla società per lo smercio, deve esser fatta a piena maturanza e giusta le regole d’ arte, e consegnarsi bene stagionati al magazzino sociale.

§ 13. L’unità di peso e misura dovrà sempre essere la decimale, e così abolire quelle tante misure locali che non fanno che impedire e difficoltare il commercio coll’estero.

§ 14. La direzione, giusta il listino dei prezzi correnti, stabilisce di volta in volta la tariffa delle singole partite dei prodotti consegnati al magazzino per lo smercio, secondo la loro varietà, bontà e quantità, e concederà al socio, se lo desidera, un acconto in denaro alla consegna, ma non mai deve questo acconto superare la metà del prezzo sperato. Il saldo relativo si effettuerà a smercio finito; dopo avere detratte in proporzione le spese relative, e l’uno per cento pel fondo di riserva, tutto il resto va ceduto al socio somministratore.

Lo smercio comulativo dei generi somministrati dai soci deve essere una delle cure e premure principali delle direzioni; giacchè non vi ha dubbio che in questo modo si potranno portare dei vantaggi grandi ai propri soci non solo, ma al paese ancora.

Qui in Giudicarie lo vediamo ad ogni momento quanto si potrebbe fare p. e. coi prodotti caseari, e specialmente col burro. Come si fa ora in genere con questo prodotto? Il producente lo vende al prezzo che si offre dal bottegaio o dal carrettiere. Questi poi lo vendono ai grossisti delle vicine città, i quali alla lor volta lo rivendono ai loro clienti o lo spediscono in piazze lontane. Tutti costoro naturalmente fanno queste compre e vendite con guadagno; ed il burro uscito dal contadino al prezzo di 80 soldi, finisce in bocca al consumatore per un fiorino e venti soldi. Ebbene, questi 40 soldi soldi di più per kg. non potrebbero tutti andare in saccoccia del producente, od almeno buona parte di questi, con qualche soldo ancora al fondo di riserva, se l’operazione venisse fatta bene dalle nostre società cooperative? E d’altra parte quanto sarebbero più accetti i nostri prodotti al luogo di consumo, quando si verrà a capire che partono da queste nostre società, nelle quali tutto cammina a pieno meriggio, senza torbidi commerciali di sorta?

E quando queste cooperative saranno numerose e si potranno unire come negli acquisti anche negli smerci, chi non vede quanto vantaggio ne sarà per venire? Dunque, pian piano sì, ma diamoci sul serio allo smercio, come si disse più sopra, fidenti nell’avvenire.

(Continua)

Società cooperative rurali.

(Continuazione e fine).

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Cap. V. Adunanze generali.

§ 15. I §§ 10 fino 21 dello statuto segnano chiaramente le norme per la validità delle sessioni generali della società. A queste devesi attenere rigorosamente la direzione se vuole che i rispettivi conchiusi riescano validi. Ove nell’ordine del giorno delle adunanze generali venisse proposta qualche modificazione dello statuto, devesi osservare che, se dette proposte venissero accettate dall’assemblea, devesi fare analogo protocollo, di cui se ne darà tosto partecipazione al Tribunale in forma autentica, senza di che quel conchiuso non potrebbe giammai avere forza legale.

Un cambiamento di statuto, oltre che all’i. r. Tribunale rispettivo incaricato della tenuta del registro consorziale, devesi pure, entro otto giorni dopo l’iscrizione presso il Tribunale, partecipare all’i. r. Luogotenenza pel tramite dell’i. r. Capitanato distrettuale.

Cap. VI. Rinnovazione della direzione.

            § 16. Giusta il § 68 dello statuto un mese prima almeno della fine dell’anno solare si deve passare alla nomina, della direzione che deve entrare a reggere la società pel prossimo anno. Questa nomina che sarà fatta dall’assemblea generale, deve procedere non solo cautamente, ma in primo luogo legalmente. Se si prevedesse che il protrarre questa nomina ai mesi ultimi dell’anno portasse qualche difficoltà per l’assenza di tanti soci, come avviene da noi in Giudicarie, sarebbe ben fatto anticiparla almeno nei mesi di settembre o di ottobre. L’ordine del giorno che si riferisce alla nomina della nuova direzione, per evitare ogni sorta d’imbrogli e di peripezie sia fiscali che altre, dovrebbe limitarsi all’unico punto della nomina della direzione; questo punto, come lo vedo dall’esperienza, sarà sufficiente per occupare una mezza giornata sicuramente, ed i soci elettori, tutti intenti alla votazione delle nuove cariche, non avranno nè tempo nè voglia di occuparsi di altri oggetti.

§ 17. Giunto il giorno della elezione per la nuova direzione, e constatata la regolare pubblicazione degli avvisi rispettivi, e trovato il numero sufficiente dei soci intervenuti in persona e mediante procura, si passa tosto all’atto di nomina. Questa deve essere fatta per schede secrete e non già a voce o per acclamazione, il § 19 parla chiaro.

§ 18. Il presidente o suo sostituto, che sta per cedere, presiede l’adunanza, e nomina tra la direzione o tra i soci presenti coloro che devono funzionare come scrutinatori dei voti. Sebbene lo statuto nol dica, non sarebbe mal fatto che fosse dallo stesso presidente o da chi ne fa le veci nominata là sul luogo una specie di commissione elettorale, la quale fosse tutta intenta affinché l’elezione proceda in tutta legalità.

§ 19. Di tutto l’operato elettorale si terrà legale protocollo, il quale, autenticato in copia conforme dall’ i. r. Giudizio o da un notaio, deve essere presentato poscia all’ i. r. Tribunale per l’iscrizione nel registro consorziale.

§ 20. Assieme alla copia autenticata del protocollo si innalzerà al Tribunale circolare l’istanza pell’iscrizione della nuova direzione sociale, le cui firme devono essere legalizzate dall’i. r. giudizio o dal notaio in calce alla medesima istanza, in quel modo che si fece pell’impianto della società.

La forma dell’istanza mutatismutandis è poco su poco giù eguale a quella che si fece quando si trattava di iniziare la società cooperativa, e quindi mi dispensi il lettore dal riprodurne un formulario.

Qualcuno dirà che sarebbe meglio il nominare le direzioni almeno per un triennio, invece che per un anno, e con ciò evitare queste frequenti brighe di elezioni e di inscrizioni.

Rispondo subito a questa osservazione col dire: le nostre società cooperative devono essere democratiche nel più giusto senso di questa parola, e di tutta palpitante attualità. Quindi non devono avere direzioni che per legge sieno durature oltre l’anno.

Se i soci vogliono confirmarle, padroinssimi, e ben fatto se quelle si diportano bene, ma se qualche membro delle medesime non ara diritto, ai soci deve spettare il diritto di mandarlo a carte quarantotto finito l’anno.

In tutte le istituzioni umane, e quindi anche in queste, c’entra l’uomo coi suoi difetti, ed uno di questi, e che sembra dominare in quest’epoca del progresso, si è l’interesse individuale. Questo brutto messere si caccia pur troppo anche in queste nostre popolarissime istituzioni; a noi spetta tenerlo lontano più che sia possibile, e l’unico modo si è l’elezione delle cariche che si fanno annualmente. I triennati, I settennati sono abrogati da noi, e mi pare un bene grandissimo; certi panamini moderni riescono con ciò impossibili.

Finisco queste chiacchere qualunque, credendo di aver date quelle direttive che ritenni necessarie per l’impianto e lo sviluppo di queste società cooperative, le quali sono chiamate a fare del gran bene al disgraziato nostro Trentino; ove non fossi giunto a dir tutto, per la poca esperienza fatta, non mancherò di dare ulteriori spiegazioni e norme, quando ne venissi richiesto al caso pratico, a chiunque lo desiderasse.

Il Consorzio cooperativo di S. Croce, come primo fratello slanciatosi nell’incerto, ma providenzialmente riuscito nelle prime avvisaglie col premio della vittoria, è sempre là esemplare e modello in tutto; i suoi fondatori e la sua direzione si prestano volentieri a qualsiasi richiesta sopra tutto ciò che non valessero e lo statuto ed il regolamento qui sopra esposto.

S. Croce, 1 aprile 1893.                                                                            p. L. G.

Soggetto produttore:“La Famiglia Cristiana”, n. 131, n. 138, n. 140, n. 142, n. 145 e n. 147 (1892); suppl. al n. 2, n. 4, n. 8, n. 13, n. 26 e n. 56 (1893)
Data:14/11/1892, 30/11/1892, 05/12/1892, 09/12/1892, 16/12/1892, 21/12/1892, 04/01/1893, 11/01/1893, 20/01/1893, 01/02/1893, 03/03/1893, 15/05/1893
Pseudonimo:Plg
Descrizione:Opera a chiarimento dello statuto e del regolamento delle Società cooperative allo scopo di diffondere il sistema cooperativo.