DON LORENZO GUETTI

Don Lorenzo ha lavorato per il popolo, sul campo dell’agricoltura, interessandosi dei bisogni del ceto agricolo, promuovendo la coltura razionale dei campi, diffondendo sagge massime, iniziando non poche opere egregie per il miglioramento di quella casta cui egli pure per nascita apparteneva. Don Lorenzo ha lavorato per il popolo col diffondere l’istruzione, coll’erezione di biblioteche educative, coll’adattarsi egli stesso a istruire. Don Lorenzo ha lavorato per il popolo col dirigere e regolare l’emigrazione.

Federazione dei Consorzi cooperativi, “A Don Lorenzo Guetti”, Trento 1899

Vigo Lomaso: la nascita e la famiglia

Don Lorenzo Guetti nacque a Vigo Lomaso il 6 febbraio 1847, da Girolamo e Rachele Molinari. Figlio di contadini, sarebbe stato destinato alla vita nei campi. Tuttavia la profonda fede della famiglia e la presenza dei due sacerdoti, don Lorenzo senior e don Pietro, fratelli del padre, orientarono il giovane verso la vita sacerdotale. Lorenzo fu ordinato nel 1870 e celebrò la sua prima S. Messa nella parrocchia natale a Vigo Lomaso nelle Giudicarie Esteriori. Il 3 Settembre 1870 fu assegnato come collaboratore al parroco di Terragnolo nella valle del Leno, sopra Rovereto.

Nel 1878 venne trasferito a Quadra nel Bleggio, come curato. E’ proprio in questo periodo che iniziò ad accompagnare al ministero sacerdotale un’intensa attività culturale, giornalistica e sociale. Capì immediatamente come all’emigrazione stagionale verso il Regno d’Italia e i paesi dell’Europa del Nord si stesse affiancando un’emigrazione definitiva verso le Americhe e cercò di tutelarla proponendo istituzioni a salvaguardia degli emigranti. Pubblicò inoltre una “Statistica dell’emigrazione americana dal 1870 in poi” corredata da tabelle che facevano riferimento alla quantità e all’esito positivo o negativo di questa emigrazione per ogni singolo decanato trentino.

Nel periodo compreso tra il 1890 e il 1892 si fece promotore della nascita delle prime due imprese cooperative, che in breve tempo si diffusero in tutto il Trentino: la Famiglia Cooperativa di smercio e consumo a Villa di Bleggio e la Cassa Rurale a Quadra.  Molto interessante risulta analizzare la nascita della prima cooperativa di consumo trentina. Tutto ebbe inizio nel 1888 con la presidenza del Consorzio agrario distrettuale di Santa Croce nelle mani del parroco don Giovanni Battista Lenzi. I Consorzi agrari si occupavano di promuovere migliorie agricole, l’istruzione agraria, discutere e richiedere sovvenzioni all’impero austro-ungarico ma anche promuovere l’acquisto cumulativo di sementi o scorte agrarie.

In seguito alla gelata del 21 maggio 1887, evento metereologico eccezionale per quella stagione, il consorzio aveva ottenuto un sussidio di 700 fiorini dalla Giunta Provinciale austriaca a beneficio dei contadini poveri, per “comperare una rispettiva quantità di grano da cedersi agli agricoltori bisognosi a 10 soldi almeno sotto il costo”. In un primo momento questa posizione, sostenuta dal presidente e dal segretario del Consorzio distrettuale don Guetti, costituiva la minoranza del consiglio mentre la maggioranza si espresse perché “il Consorzio col sussidio elargito comperi tanto grano turco e, […], venga distribuito gratis, a mezzo dei curatori d’anime, agli agricoltori più bisognosi”. Già nel 1888 don Lorenzo aveva intuito che con questo sussidio sarebbe potuto nascere un magazzino cooperativo: “Questo eventuale magazzino consorziale mi avrebbe i colori verdi di bella speranza, perché potrebbe finire in un magazzino cooperativo, e voi sapete quanto buon sangue mi fa questa parola, quando è associata agli interessi agricoli del nostro paese”. La proposta della maggioranza, come spiega don Lorenzo, non fu tuttavia messa in pratica sia per le oggettive difficoltà nell’individuare le persone più bisognose sia perché la stessa Giunta provinciale aveva ordinato di seguire le idee della minoranza su invito della presidenza consorziale. Una nuova istanza della precedente minoranza sostenne l’acquisto cumulativo di farina e “si convenne dai Delegati consorziali che il prezzo della farina fosse minore di 2 soldi il kg, ossia fiorini 2 al quintale sotto il costo posto al ponte delle Arche, affinché i contadini bisognosi prescelti, sentissero un reale vantaggio dall’azione di soccorso intrapresa dal Consorzio”. L’azione del Consorzio di smercio cumulativo di farina inferiore al prezzo del mercato costituì un successo e fu ripetuta due volte. In seguito tuttavia, don Lenzi fu costretto a dimettersi dalla carica di presidente del consorzio probabilmente a causa dello scompiglio suscitato dalle proteste dei mercanti di grano e dei mugnai che diffusero un volantino con la provocatoria frase “Il sussidio dei poveri se lo mangiano i preti”. Il Consorzio decise tuttavia di continuare le distribuzioni di farina: furono acquistati 300 quintali di farina dati in più riprese a ben 800 famiglie bisognose.

Da queste esperienze don Lorenzo ricevette stimoli e conferme sull’importanza di dedicarsi alla promozione di organizzazioni cooperative e propose al Consiglio provinciale d’agricoltura di studiare uno statuto semplificato per favorire la nascita nei paesi di Casse rurali sul modello Raiffeisen. Nacque così una fitta collaborazione tra il segretario del Consiglio provinciale d’agricoltura Giovanni de Zotti e don Guetti. Ma mentre si lavorava nella prospettiva di fondare una Cassa rurale, nacque “per circostanze accidentali” una cooperativa di smercio e consumo.

Alcuni possidenti del Bleggio, come lo stesso don Guetti ci racconta, avevano chiesto a dei mulattieri di ritirare per loro conto alcune merci a Trento e Riva visti i prezzi più convenienti rispetto a quelli esercitati in paese, ma i negozianti dei paesi si erano opposti. Per questo motivo i privati, prendendo spunto dagli statuti dei magazzini cooperativi portati dagli emigranti ritornati dal Piemonte, fondarono una cooperativa. L’impegno di don Lorenzo svolse un ruolo fondamentale in questo processo come emerge da questo articolo pubblicato sul giornale dell’epoca “La Famiglia Cristiana”:

“Due anni fa mi si presentano alcuni miei amici popolani e mi colpiscono a bruciapelo con questa domanda: -Lei signor Curato, ci deve fare un piacere.- Ed è? -Quest’inverno siamo stati in Piemonte; abbiamo visto e provato quanto bene fanno colà i magazzini cooperativi; Lei deve aiutarci a metter su qualche cosa di simile anche qui da noi.- [..] -E la prossima domenica, finite le funzioni della sera, gli amici furono puntualmente in canonica, e la cosa fu combinata [..] Confronti di statuti di qua, consigli e pareri di là, fatto sta che dopo due mesi si aveva abboracciato uno statuto qualunque che veniva preletto ai primi futuri soci. [..] Consultai notai, avvocati, e perfino consiglieri di tribunale, finalmente dopo un anno si poté presentare lo statuto all’approvazione dei soci, e indi chiedere che la prima Società cooperativa di acquisto o smercio di generi di prima e più comune necessità fosse iscritta nei pubblici Registri Consorziali”.

Finalmente il 28 settembre 1890 a Villa di Santa Croce, piccola frazione del Bleggio, nasceva il «Consorzio per acquisto e smercio di generi di S. Croce», che don Guetti salutò così:

«S. Croce, 1 ottobre. Una buona notizia fresca fresca. Domenica scorsa 28 settembre fu costituita qui una Società Cooperativa di smercio e consumo con futuro magazzino di generi di prima e comune necessità. Ne venne già nominata la prima Presidenza, la quale deve ottenere la superiore approvazione e così dare principio a una istituzione di belle speranze».

La statura di don Guetti non va vista tuttavia unicamente nella promozione di imprese cooperative. Don Lorenzo propose alla povera gente una presa di coscienza della propria posizione per migliorarla. Questa presa di coscienza fu sollecitata tramite la formazione degli ultimi in vari campi. Da quello scolastico ai numerosi scritti in cui promuoveva il valore della democrazia e la partecipazione politica.

Anche nello stesso smercio di farina promosso da don Guetti a prezzo inferiore rispetto a quello del mercato emergono alcuni aspetti pedagogici come il dare dignità alle persone facendo pagare una simbolica cifra e il condividere una situazione di difficoltà. La riprova dell’obiettivo formativo nei confronti del mondo contadino sta nel fatto che fu proprio la stessa popolazione, sull’esempio del magazzino cooperativo fondato a Torino nel 1854, a proporre al curato di Quadra di far nascere una cooperativa di consumo.

La grandezza di Lorenzo Guetti non è quella di aver “inventato” la cooperazione ma quella di aver sostenuto e guidato un progetto che fu possibile realizzare grazie alla sua vasta cultura e alle elevate capacità imprenditoriali. Queste capacità facevano di lui sia il baluardo degli ultimi che l’uomo di fiducia dei suoi superiori. Fu proprio questo mix che fece di don Lorenzo il primo fondatore di una Famiglia cooperativa e di una Cassa rurale. In questo sviluppo giocò un ruolo fondamentale anche la sua perseveranza e la sua instancabile dedizione. Già prima della fondazione della cooperativa di Villa, don Lorenzo aveva promosso tra mille difficoltà la nascita di enti cooperativi ma solo dopo il processo di formazione e presa di coscienza della classe contadina la cooperazione ebbe successo e riuscì a vincere la diffidenza della gente.

Il Seminario

Nel 1863 Lorenzo entrò nel Collegio-convitto principesco vescovile appena istituito a Trento con la funzione di Seminario Minore. La sua classe era provvisoriamente collocata al primo piano del Seminario teologico, dove alloggiavano anche gli alunni. Come ricorda Enrico Agostini gli aspiranti ammessi furono diciannove tra i quali don Lorenzo Guetti, Giacomo Bresadola, micologo di fama mondiale e Geremia Dalponte, docente di teologia dogmatica in Seminario. I primi insegnanti di don Guetti furono il chierico ventunenne Silvio Cossali di Roncone per matematica fisica e tedesco, don Michele Corradini di Rallo, curato di Vattaro, per italiano e latino e il direttore don Giuseppe Angeli per religione e greco. A partire dall’anno 1865/66 insegnò anche don Antonio Brusamolin di Castelnuovo per italiano, filosofia e religione.
In tale sede don Lorenzo sviluppò molti aspetti del suo pensiero. Egli infatti “fu per due anni prefetto dei giovani nel Collegio Vescovile, caro non meno ai superiori che agli alunni, perché sapeva congiungere l’osservanza della disciplina con una certa sapiente indulgenza, onde si cattivava il cuore dei giovani che vedevano in lui non il rigido sorvegliante ma il confidente e l’amico del cuore”. Questo ruolo-guida lo eserciterà poi nelle sue curazie e sarà alla base della nascita della cooperazione.
Dopo i tre anni trascorsi nel “seminarium puerorum” nel 1866 Lorenzo entrò nel seminario teologico dove venne a contatto con alcune delle personalità più innovative del contesto trentino. In primo luogo Don Emmanuele Bazzanella che dirigeva all’interno del Collegio il periodico “La Voce Cattolica”, nato nel gennaio 1866 per opporsi al liberalismo irreligioso e per difendere le aspirazioni nazionali del Trentino.Anche don Brusamolin e don Giuseppe Lange facevano parte della redazione del periodico.
Le valutazioni del prete giudicariese risultano molto buone ma non eccellenti. I voti più bassi, simboleggiati dal numero 3 riguardarono unicamente alcune materie del secondo anno in particolare nelle prove scritte.
Il rettore del seminario durante il primo periodo di permanenza di don Lorenzo fu don Girolamo Zulberti di Zuclo. Alcuni documenti dimostrano che Lorenzo conosceva molto bene il rettore del seminario con cui aveva instaurato un buon rapporto di amicizia visto che circa quindici anni dopo scrisse all’ex rettore divenuto parroco di Zuclo chiedendo di sopperire alle celebrazioni di messe con relative intenzioni poiché evidentemente erano troppe e non riusciva a celebrarle in quel di Quadra. Il legame instaurato è reso ancora più evidente dal fatto che don Lorenzo nello scritto recava anche i saluti e i complimenti della zia.
Don Guetti rimase legato anche al primo direttore dell’istituto, don Giuseppe Angeli. Nel 1888 gli dedicò infatti la sua statistica sull’emigrazione firmandosi “aff.mo ed obb.mo discepolo ed alunno”.
Per quanto riguarda la lingua di insegnamento in seminario, nel 1824 si stabilì che tutte le materie venissero trattate nella scuola in lingua latina, eccezion fatta per la sacra eloquenza, la catechetica e la pedagogia, che venivano insegnate nella lingua materna degli alunni. Don Lorenzo quindi, conosceva perfettamente la lingua latina come gran parte del clero trentino.
Durante il periodo di permanenza di don Guetti nel seminario il Collegio era bersagliato dalla stampa altoatesina che ne vedeva un covo per futuri irredentisti. È significativo appare come nel 1874 vi furono “generose offerte di ampi sussidi e del pareggiamento dell’istituto alla sola condizione che la lingua d’insegnamento venisse d’italiana mutata in tedesca”. Il tentativo non ebbe successo ma testimonia la preoccupazione del governo austriaco nei confronti di questa istituzione.
In conclusione fu proprio in seminario che Lorenzo conobbe gran parte delle persone con cui mantenne un contatto o collaborò per gran parte della sua vita. In primo luogo don Emanuele Bazzanella direttore de “La Voce Cattolica” e i professori che facevano parte della redazione del giornale, il compagno Beniamino Pezzi, che condividerà con don Lorenzo l’esperienza quale cooperatore a Terragnolo, e Geremia Dalponte conterraneo di Guetti.
In tale sede don Guetti maturò molte delle idee che caratterizzarono successivamente la sua opera in particolare dal punto di vista politico. La futura attività quale corrispondente de “La Voce Cattolica” si colloca appunto in tal senso.

Cooperatore a Terragnolo

Il 31 luglio 1870 don Lorenzo fu ordinato sacerdote e il 14 agosto celebrò la sua prima Messa nella chiesa parrocchiale di Vigo Lomaso “assistito dagli zii sacerdoti e dal venerando decano Cattarozzi, che lo amava quale figlio”.

Il 3 settembre fu assegnato come cooperatore al parroco di Terragnolo don Antonio Girardelli; in tale sede si aprì un primo “stage” dell’attività del curato giudicariese. In questo contesto infatti, verrà a contatto con una delle parrocchie più povere e isolate del territorio trentino e maturerà il suo interesse per i più poveri e miseri della società. Più volte don Lorenzo fu messo alla prova: in primo luogo durante l’epidemia di vaiolo scoppiata nel 1875 che lo vide direttamente coinvolto nel soccorrere gli ammalati. In tale contesto morì il suo amico cooperatore a Terragnolo, don Beniamino Pezzi ricordato sul diarum missarum prima in occasione della sua malattia e poi nella sua morte. Significativo anche il fatto che i giorni dal 2 al 10 aprile sono segnati da un’annotazione trasversale sul diario delle messe di don Guetti con la sigla “Oh, dies desolationis et luctus”.
Quasi non bastasse la miseria, in cui il popolo languiva, durante i suoi sett’anni di permanenza a Terragnolo, scoppiò un’epidemia di vaiolo. Don Lorenzo divenne allora l’amico inseparabile degli ammalati, il consolatore dei moribondi, l’angelo degli afflitti. Accoppiando all’esercizio del suo ministero d’amore la prudenza più oculata, vigilava attentamente, affinché venissero da tutti osservate le cautele atte a prevenire la diffusione del morbo. Della sua vita stessa non faceva alcun conto.. la morte che gli rapì dal fianco un compagno carissimo delle fatiche apostoliche, non valse ad allentare il suo fervore”.
Inoltre anche la pellagra, causata dall’insufficiente alimentazione che costringeva a mangiare mais andato a male, era molto diffusa nella zona.
Un’ altra importante attività a Terragnolo, senz’altro formativa del pensiero di don Guetti, fu quella di maestro delle locali scuole oltre che di catechista. In una testimonianza successiva don Guetti spiega che era stato inoltre a lui proposto il ruolo di dirigente delle locali scuole ma i suoi superiori gli risposero “non licet” ovvero “non è concesso“.
Una notizia interessante di questo giovane don Guetti emerge dalle pagine dei diari delle messe. Più volte, a partire dal 1873, fu annotata la mancata celebrazione della messa giustificandola con “in monte ad venatione rostrocruciatorum” o “ad venationem coturnorum”. La caccia agli uccelli si configura come un hobby giovanile del curato giudicariese. L’ultima annotazione risale infatti all’uno ottobre 1877.
Un altro gioco a cui partecipava in gioventù era quello del calcio. La testimonianza si è tramandata grazie a una nota scritta sul diario delle messe in data 14-15 maggio 1871:
Non ho celebrato che fui a letto per essermi snervato il piede sinistro giocando al pallone il giorno 13; guarii in fretta ed oggi celebrai“.
Un altro hobby di don Lorenzo, confermato da fonti orali, era quello di giocare dopo pranzo a tamburello nella piazza di Larido in quel di Quadra con gli uomini del paese.
L’esperienza maturata a Terragnolo resterà comunque impressa nel curato di Quadra. Lo dimostrano i viaggi che dal 1881 al 1884 (ad eccezione del 1883) compì a Terragnolo trattenendosi da 2 a 6 giorni nel periodo compreso tra ottobre e novembre. Anche il rapporto con il parroco Girardelli era molto buono visto il cenno necrologico che pubblicò su La Voce Cattolica del 21 dicembre 1886 in cui il curato di Quadra scriveva “conoscerlo fu per me grandissima fortuna, perché in lui trovai un padre affettuoso”. Dall’articolo emerge inoltre che era presente un rapporto epistolare tra don Antonio Girardelli e don Lorenzo.
Ecco come don Lorenzo accolse la nomina a curato di Quadra:
“Reverendissimo P.V. Ordinariato,
Nell’invito di quelli di Quadra corroborato anzi tutto dall’esibizione da parte della Reverendissima Curia, lo scrivente non può a meno di ravvisarvi la voce del Signore e perciò si curva ciecamente alle disposizioni della Reverendissima Autorità Ecclesiastica. Solo sarebbe suo desiderio protrarre fino ad Aprile la sua andata colà, restando intanto in Terragnolo per prepararsi.
Nell’atto pertanto che reclama i suoi providi consigli in ogni emergenza si pregia di dirsi con tutta considerazione e venerazione.
Terragnolo 17 Gennaio 1878                     Umilissimo e devotissimo servo p. Lorenzo Guetti Cooperatore”

Gli anni a Quadra: 1878 – 1893

 Il tre marzo 1878 furono stipulati i “Capitoli” ovvero i diritti e i doveri del curato nei confronti della sua curazia e del parroco di Santa Croce suo diretto superiore. Dal documento emerge il gran numero di impegni a livello sacerdotale a cui era sottoposto il curato di Quadra: impegni che danno ancora più importanza all’opera di don Lorenzo quale fondatore della cooperazione trentina, studioso dell’emigrazione, giornalista, politico e quant’altro. Le numerose attività che vedevano impegnato il curato giudicariese a un livello quasi “stacanovistico” furono probabilmente all’origine della precoce morte a soli cinquantuno anni.
Qui di seguito si analizzano brevemente gli snodi fondamentali dei “Capitoli” stipulati tra la “rappresentanza della Quadra ed il Sacerdote Don Lorenzo Guetti”. Per quanto riguarda le messe si stabiliva nei giorni feriali una celebrazione la mattina presto. Tutte le domeniche il curato poteva celebrare “la S. Messa sempre bassa” e fare la spiegazione del vangelo solo una volta al mese. Doveva recarsi alla parrocchia e “assistere il Paroco nelle Feste di I e II Classe, le terze domeniche d’ogni mese, le Feste del titolare della Chiesa Parrocchiale, nelle funzioni della Settimana Santa, nella solennità del Rosario, e di M.V. Addolorata, avvertendo che nelle Feste di I Classe, del Rosario e dei Titolari dovrà intervenire anche alle funzioni del dopo pranzo, preavvisando di ciò il suo popolo, onde possa esso pure intervenire”. Alla luce di tali obblighi si comprende la volontà di don Lorenzo di modificare “le Capitolate”.
Nelle altre domeniche, nel corso del pomeriggio, il curato doveva spiegare in chiesa il Catechismo sia ai fanciulli che agli adulti e nei sei mesi invernali era tenuto a “catechizzare i fanciulli e fanciulle delle scuole secondo le leggi vigenti”. La “Capitolata” stabiliva anche la sommissione al parroco di Santa Croce di cui era necessario richiedere il consenso sia per esercitare i diritti di stola che per celebrare le messe per i defunti.
Per quanto riguarda i diritti, il Curato poteva usufruire della canonica come pure “dell’orto solito, la fontana, e più la pezza di terra confinante l’orto a settentrione”. Conosciamo, alla luce di un documento inedito, in che modo don Lorenzo gestiva e coltivava questi terreni:
E) Stato attuale dei due stabili ed orto usufruiti dal Rev. Sig. Curato che cede al successore
1. Orto- Prescindendo dagli alberi da frutto esistenti, il terreno si trova coltivato e seminato parte a patate e fagiuoli e parte a cavoli capucci ben atecchiti.
2. Prato sopra l’orto con entro lo scarso fieno di primo raccolto e N. 54 giovani innesti di pomo e pero, due ciliegi appena innestati mediante compenso di f. 10 per ogni ramo innestato e riuscito.
3. Prato sotto l’orto con 3 fila d’ alberi fruttiferi, quaranta produttivi, quattro giovani, con in fondo un impianto di gelsi a siepe con sopra N. 17 diciassette piante di pomo selvatico appena innestate”
Dallo stesso documento emerge inoltre che Don Lorenzo possedeva “un casoto di legno” in mezzo all’orto e “N. 6 arnie ripiene d’api con altre tre create a sistema antico”.
Il segreto per fare della Quadra la base di partenza di tutte quelle realizzazioni che lo avrebbero reso famoso fu quello di restare sempre fedele a questo suo programma di vita: “nato contadino e sempre vissuto tra contadini provai le loro miserie, conobbi le loro croci e vessazioni, indovinai i loro bisogni e cercai di aiutarli”.
Risulta molto difficile analizzare nella loro totalità le attività di cui si occupò don Guetti negli anni di permanenza alla Quadra dal 1878 al 1893: l’emigrazione, la politica, l’autonomia del Trentino, la cooperazione, l’agricoltura, ma non solo, in quanto i suoi interessi travalicarono anche questi macrosettori. È il caso dell’attività come prete-pompiere, i numerosi articoli scritti in difesa della capra, l’importanza della famiglia, il ruolo centrale della messa e tanti altri. L’attività in tutti questi settori può essere paragonata a un fiume con numerosi affluenti che portano acqua e ingrossano il fiume principale. Affluenti che nel caso del settore cooperativo ebbero un grande successo, mentre in altri settori, come quello politico, ebbero risultati minori nonostante l’impegno profuso dal prete giudicariese. Tante esperienze diverse accomunate da un unico denominatore: l’interesse verso gli ultimi.

Fiavé, gli ultimi anni: 1893-1898

Nonostante il trasferimento in terra fiavetana non venne meno l’impegno del prete giudicariese nei settori fondamentali della sua attività. Già nell’ottobre divenne direttore della Cassa rurale di Fiavé, l’unica nata nel 1893. Così scriveva dalle colonne del“Bollettino”: “Anche la Cassa Rurale di Quadra finalmente ha una sua secondogenita ed è quella di Fiavé, di cui già si nominò la direzione, e tra breve sarà regolarmente iscritta nei pubblici registri”. A partire da novembre don Lorenzo visitò varie cooperative tenendovi delle conferenze allo scopo di favorire la nascita di Casse rurali. Fra le iniziative più significative in questo periodo va ricordata l’organizzazione dei primi corsi per magazzinieri di Famiglie cooperative, contabili e direttori di Casse rurali. Nel 1896 diventerà anche presidente della Famiglia cooperativa di Fiavé costituitasi il primo giugno 1895 grazie al suo diretto impulso.
Sempre relativa a questi anni fu la pubblicazione di un volumetto redatto da don Lorenzo dal titolo “La cooperazione Rurale”. Si trattava di uno scritto in forma di dialogo tra il prete giudicariese e i suoi curaziani che riassumeva gli ideali, i dibattiti, gli statuti che avevano permesso la nascita e il concreto successo della cooperazione.
Non venne meno in quel di Fiavé anche il suo interesse verso i più umili. Lo dimostra la passione con cui scrisse gli atti riguardanti la morte dei suoi curaziani annotati sul libro dei defunti su cui compare il suo stesso nome in data 19 aprile 1898. La sottocitata fa riferimento alla morte di una madre e del suo bambino riportata da don Guetti nel luglio 1897:
20 Luglio: Calza Neonato di Fedele e Carolina Zambotti appena nato e battezzato creduto vivente volò al cielo e fu sepolto dopo 36 ore in questo cimitero.
24: Calza Carolina in Zambotti moglie di Fedele, in causa di irregolarità interna e dopo quattro anni che fu curata dal Dr. Schena tornò a partorire et partorì il sopranotato neonato ma infelicemente, che la febbre puerperale la assalse al II giorno e seguita da peritonite e relativa infezione interna, confortata da tutti gli aiuti religiosi, tranquillamente spirò la sera ad ore 7 pom. e fu sepolta addì 26 ad ore 4 pom. lasciandosi il cadavere fuori di chiesa per la troppa avanzata putrefazione. p.Guetti”
Per quanto riguarda il rapido espandersi del movimento cooperativo, don Guetti divenne il presidente della neonata Federazione dopo la rinuncia del presidente del Consiglio provinciale d’agricoltura Massimiliano de Mersi che aveva individuato in don Lorenzo la persona più meritevole per svolgere quel ruolo. Il primo congresso federale si tenne a Trento il 29 gennaio 1896 e fu accolta la proposta del curato giudicariese di rendere quindicinale l’uscita del “Bollettino agrario”.
La Federazione fu voluta non perché fosse un centro qualunque, non per metter su un po’ di burocrazia, ma allo scopo principale di vigilare sull’andamento delle società federate, affinché questo andamento riuscisse sempre bene”.
Ma per don Guetti non mancarono anche le delusioni. In primo luogo la creazione di una Cassa centrale delle Casse rurali fu proposta da don Lorenzo nella seduta del Consiglio Federale del 27 aprile 1897 con il nome di “Banco di San Vigilio”. Si trattava di una società che oltre a promuovere lo sviluppo del credito sociale agricolo prevedeva di concedere “alle Casse rurali a sistema Raiffeisen prestiti e garanzie ed assumere dalle stesse ad interesse fruttifero i loro avanzi di cassa” . Il 30 dicembre dello stesso anno si svolse l’assemblea costitutiva e fu eletto come primo presidente il dr. Enrico Conci. Ma la nuova istituzione fu travolta dal nuovo scontro che vedeva opporsi neutri e confessionali. I neutri ritenevano che la gestione delle cooperative fosse aperta a tutti i “galantuomini” mentre i confessionali intendevano restringere tale settore al solo ambito cattolico. Ecco il pensiero del curato di Fiavé a questo proposito:
Dunque, se non per altro, per ragioni metafisiche andiamo adagio a battezzare col nome di cattoliche istituzioni che se andassero a male, come lo possono le umane istituzioni, pregiudicherebbero quella causa di cui vogliono farsi palladini avanzati gli ultimi sopravvenuti. Procuriamo dunque che ci sia la cosa, e pel nome contentiamoci di stare semplici figli d’Eva”.
La polemica, nonostante gli appelli di don Lorenzo, affinché tutte le società si associassero al Banco si protrasse fin dopo la morte del curato di Fiavé. I confessionali avevano costituito il “Comitato trentino diocesano per l’azione cattolica” e si ritirarono polemicamente dal Banco nella sessione del 28 dicembre 1898. Nel 1899 il comitato diocesano contrappose al Banco di san Vigilio la Banca cattolica che entrò in funzione nell’aprile 1899. Lo scontro finale ebbe luogo a Mori nel congresso federale del 26 aprile 1899 con la vittoria del fronte confessionale e l’esclusione dei neutri, di cui a suo tempo il prete giudicariese fece parte, dalla Federazione dei consorzi cooperativi.
Per quanto riguarda l’attività politica don Guetti fu prescelto da un Comitato elettorale cattolico come candidato per il Trentino al consiglio dell’impero di Vienna per la tornata elettorale del 1897 e fu eletto. Il curato di Fiavé dimostrò ancora una volta la sua umiltà in una lettera al vescovo Valussi datata Fiavé 12 marzo 1897 in cui metteva nelle mani del vescovo il suo mandato elettorale e chiedeva, in caso di approvazione, la nomina di un sostituto durante le assenze. Anche la popolazione di Quadra e la Cassa rurale di Quadra vollero congratularsi con il neo eletto deputato:
Il nostro carissimo Don Lorenzo Deputato al Consiglio dell’Impero! Noi felici che accanto dell’ottimo nostro don Giovanni potremo quinc’inanzi avere a Vienna Colui, che per 15 anni procurò indefesso il nostro maggior bene religioso; di lui peritammo le rare doti, il disinteressato suo zelo pel nostro risorgimento anche materiale”.
Il 27 marzo 1897 partì per Vienna ma l’esperienza fu tutt’altro che positiva in un Parlamento diviso dai contrasti tra le varie nazionalità dell’impero e più volte chiuso per disordini.
oh, il parlamentarismo come venne ridotto ora qui in Austria con le lotte nazionali ad oltranza, è ben la triste scena”.
Don Guetti venne a far parte del “club italiano” con i suoi 19 deputati. Importante, ma senza risposta, risultò la sua interpellanza riguardante la bachicoltura che riportò su “La Voce Cattolica” del 9 giugno 1897. Eccone uno dei passaggi più significativi:
Quello che occorre urgentemente alla popolazione del Trentino ed al litorale è un pronto ed immediato soccorso, sinché è ancor possibile venire in aiuto ad uno che sta per morire, non essendo ancora dimostrato che il governo abbia la forza di risuscitare i morti”.

La morte a Fiavé

L’attività politica, nonostante gli insuccessi proseguì fino a poco prima della morte il 19 aprile 1898 a soli cinquantuno anni per un cancro all’esofago. La sicura morte gli fu pronosticata un mese prima e da allora, come ricordò don Geremia Dalponte suo collega fin dai tempi del seminario, cercò solo “con pietosi accorgimenti di ingannare sé ed altrui sul conto del suo male”. Probabilmente don Lorenzo da tempo si era reso conto della natura del suo male; ne è testimonianza la pubblicazione sulle colonne dell’“Almanacco Agrario” del “Testamento di don Mentore” in cui nell’ultimo capitolo dava appuntamento in cielo ai suoi contadini per cui tanto si era prodigatoLa probabile causa della prematura scomparsa, come sottolineava lo stesso don Dalponte, era da ricercarsi nell’iper-attivismo di don Lorenzo nei confronti degli ultimi della società a livello sociale, politico e religioso. Un’attività così intensa che aveva notato anni prima lo zio don Lorenzo Guetti senior: “Ancor tre anni di vita: non può durarla così”. Il primo aprile 1898 tornò da Vienna e per dieci giorni riprese le sue consuete attività come dimostra una lettera datata 5 aprile 1898 in cui rispondeva, quale presidente della cooperativa di Fiavé ad alcune richieste della Cassa distrettuale per ammalati di Tione.

Ma il peggioramento era imminente e fu così che il 19 aprile 1898 prima di morire “fece radunare attorno a sé i fratelli, cui diede l’ultima benedizione ed i più santi ricordi”.
Ecco come il quotidiano liberale “Alto Adige” ricordava il giorno del suo funerale:
Imponenti oltre ogni dire riuscirono gli estremi onori resi alla salma di questo benemerito sacerdote, tali da dare solenne affermazione al grande amore, all’intenso affetto, all’alta stima, che con una vita di sacrificio consacrata al bene dei suoi simili aveva saputo ispirare ai suoi curaziani [..]”.
“Lungo tutto il percorso da Fiavé a Vigo in cui si impiegarono più di due ore, con una processione lunga oltre 2 kilometri, uomini, donne e fanciulli preganti e piangenti che alla loro volta si univano al corteo [..]”
“Calava la sera quando, coperta la bara, la moltitudine si staccava a malincuore dal cimitero di Vigo donde si scorgono quasi tutti i paeselli del tranquillo ed ameno bacino di Giudicarie ed in cui il povero Don Lorenzo aveva espresso il desiderio di essere posto a dormire l’ultimo sonno, quasi presago che il suo spirito tutelare, non indarno invocato saprà indicare nei momenti difficili ai vicini e ai lontani, coll’esempio luminoso della sua vita mortale, la retta via dell’onesto, e del vero che convien seguire a chi vuol ben meritare del Paese e lasciare tanta eredità d’affetti”.